Nel 2023 i microtelefoni trovati nelle 190 carceri italiane sono stati più di 2000. Perquisizioni lunghe e meticolose, come quella dello scorso febbraio nella casa circondariale di Corigliano Calabro. 12 ore per scoprire fino a 130 apparecchi; altri quindi sarebbero stati rinvenuti due mesi dopo. Nascosti nei bagni, nelle celle, nei luoghi più disparati. Uno strumento nelle mani dei detenuti di ‘ndrangheta e camorra per comunicare con l’esterno e continuare a gestire i propri affari.

Nicola Gratteri, procuratore di Napoli lancia il nuovo allarme in un’intervista rilasciata a La Stampa. Parla apertamente di un fallimento del sistema carcerario italiano, con detenuti di mafia che organizzano chiamate collettive anche da carcere a carcere, prospettando l’ipotesi che sia più facile gestire una piazza di spaccio dietro le sbarre piuttosto che per strada.

C’è sempre un modo per far entrare in carcere quello che non può entrare: palloni da calcio imbottiti, scaltrezza dei familiari, persino droni che sorvolando gli istituti lasciano cadere gli oggetti desiderati. E poi il ruolo degli infedeli, di chi si lascia corrompere. Lo dimostrano i 26 arresti operati dalla procura nei confronti di detenuti e dirigenti della struttura di Siano. In manette era finita anche l’ex direttrice Angela Paravati, che pur di mantenere le acque dell’istituto calmo avrebbe fatto ‘entrare di tutto’.

100 telefoni in ogni carcere. Le soluzioni

Se il ministero vuole rinforzare la videosorveglianza, Donato Capece, segretario del sindacato Sappe guarda la realtà dei fatti: “Qui si discute, ma la criminalità organizzata è più avanti di noi tecnologicamente almeno di 10 anni”.

I sistemi di prevenzione non ci sono. “In ogni struttura italiana mediamente in questo momento sono accesi 100 telefonini – ricorda Nicola Gratteri -, e anche il traffico di droga dentro i penitenziari è ormai un business. I detenuti tossicodipendenti invece di essere curati continuano a drogarsi in un ambiente che dovrebbe invece essere deputato al loro recupero. Con un collegamento al di fuori delle mura, i boss riescono agevolmente a mantenere vivi e vitali i rapporti criminali. Si tratta di un’immagine scoraggiante e mortificante per tutto l’apparato che cerca invece di elidere i contatti con l’esterno attraverso la carcerazione”. La soluzione, secondo Gratteri è solo una: “Più che impedire ai telefoni di entrare penso a dei jammer con i quali poter neutralizzare ogni tipo di collegamento di rete”.

Redazione

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