Chissà cosa direbbe “Giorgio” (Almirante) del nome Giorgia sulla scheda. E Berlinguer del battibecco su Schlein nel simbolo PD? E come saranno impressionati a Mosca e in Medioriente dall’hashtag #pace che si è inventato Giuseppe Conte! Il populismo italiano è sempre sorprendente. È il toccasana che riempie ogni vuoto di emozioni. È l’unico bonus che non costa e non si elargisce a debito. Abbiamo appena finito di assistere al talk show-25 aprile, giorno che dovrebbe rinnovare l’ebbrezza della democrazia che c’è, e invece rinnova solo i veleni della guerra civile che fu. Ed ecco fioccare mediocri trovate che monopolizzano la scena.

Ad esempio, il derby delle figurine fra Lega e sinistra, che lanciano nella mischia da una parte il generale-opinionista dell’universo Roberto Vannacci, dall’altra la professoressa Ilaria Salis, detenuta in Ungheria. Ma se la seconda appartiene bene o male ad una tradizione simbolica dell’estremismo di sinistra, il primo è il vero campione dei nostri tempi, dove a fare fortuna sono non le strategie ma le sentenze o le invettive, non i concetti che fanno pensare ma quelli che il pensiero lo spengono. Roberto gradisce che si sappia dei suoi trascorsi gloriosi in Afghanistan e in Iraq. Ma solo come sfondo: in pubblico, ostenta un’aria beffarda da sciupafemmine che sa il fatto suo, e promette non più mari e monti ma semplicemente di raddrizzare un mondo che va all’incontrario.

Vannacci e la tuttologia dal circolo

Lo aiuta un aspetto da attempato divo di Hollywood, ma con un qualcosa di casareccio e rasserenante dei borghi di casa nostra. Un punto d’incontro fra l’avventura estrema ai confini del mondo e un bel piatto di pappardelle al cinghiale dalle parti di Orvieto. Il suo stile merita di ispirare corsi di comunicazione politica nell’era in cui la politica è tramontata all’orizzonte. Dice di tutto e di più, ma subito dopo lo nega, con il tono pacioso dello zio al momento del caffè. La sua è una tuttologia da circolo del tennis, fatta di affermazioni che non affermano, e soprattutto non puntano ad affermare se’ stesso: ogni volta che apre bocca, il generale mira a svegliare il torpido Vannacci che sonnecchia dentro ognuno di noi. Mussolini è uno statista, vero, ma perché si è occupato dello Stato, come del resto anche Stalin. Un giudizio su di lui? Ma no, lo ha già dato la Storia! Perché chiamarli gay, questi fastidiosi imbucati della società dello spettacolo, invece che con i più tradizionali froci e culattoni, invertiti e checche? Il problema non è di discriminazione, sia chiaro, è che si abusa dei termini inglesi!

E poi, inutile che la fanno tanto lunga: sono una minoranza. Ed essere minoranza non è né positivo né negativo, è un fatto statistico. Insomma, abbiamo rimesso gli omosessuali nel loro ghetto ma su base linguistico-statistica. Si può essere più ruspanti di così? Si dice: linguaggio da bar. Macché. Al bar da sempre si professano convinzioni ferree. L’Inter ha strameritato la seconda stella! La seconda stella dell’Inter è di cartone! Non si dice che la seconda stella è di cartone per quanto sia stata meritata, e in fondo il cartone è materiale ben più pregiato della stoffa gialla. Paola Egonu non rappresenta l’italianità. Chi può negarlo che la maggioranza degli italiani non è di origini nigeriane? Nessuno. Naturalmente, non serve dire questa banalità all’italianissima campionessa di pallavolo. Ma a Roberto serve per ricordare che da ragazzo in metro a Parigi fingeva di cadere per toccare le mani dei neri. Insomma, signora mia: io non sono razzista, ma a vederli per strada a ridere fra loro con quei denti bianchissimi mi fanno un po’ paura.

Il generale ‘progressista’

Però, che belli che sono! Ballano benissimo, e si dice pure che… Le femministe sono “moderne fattucchiere”, e sulla famiglia tradizionale il sofferto e geniale assioma è “squadra che vince non si cambia”. I disabili, poi! Non possiamo per colpa loro rallentare lo sviluppo dei nostri cervelli, se no poi grazie che se ne vanno in fuga! Per il bene degli uni e degli altri, separiamoli e occupiamoci delle loro specificità. Perché, sia chiaro, le diversità sono una ricchezza. Lo dice così spesso, il generale, che le diversità sono una ricchezza che in un dibattito da Floris il povero Calenda alla fine sbotta: “Ma qui stiamo assistendo alla nascita di un progressista!”. E giù a confutare il purismo genetico vannacciano: “Dentro di lei ci saranno pure influssi arabi, longobardi, bizantini”. Il generale se la ride. Senza quegli influssi, chi glielo darebbe quel fascino da Cary Grant delle Cinque Terre? Non intende certo rilanciare il manifesto degli scienziati razzisti del 1938: “È tempo che gli Italiani si proclamino francamente razzisti… Gli ebrei non appartengono alla razza italiana”.

Toccare i nervi scoperti 

Nulla di tutto questo. Roberto ha solo scoperto il trucco: toccare i nervi scoperti del conformismo di sinistra per diventare senza sforzo l’eroe della parte opposta, ma anche della maggioranza silenziosissima dei nostri luoghi comuni più nascosti. Per lui giocano in tanti. Fa troppa scena chiedergli se non pensa così di recare danno alla divisa, che sarebbe come chiedere al grande Luciano De Crescenzo se facendo il filosofo partenopeo non temeva di fare danno all’IBM. Per lui gioca l’incredibile Elly Schlein, che si inventa una campagna, “Ignoratelo”, che neppure l’agenzia di marketing del generale poteva sognarsi. Roberto si fa stampare delle magliette con il meme della sua faccia con quella scritta in bella vista, e ride, ride ancora. Ride sempre. Che se ne fa delle sue imprese militari, che se ne fa più delle sue lauree? L’Italia del 2024 è il suo luna park. Non avrebbe mai pensato che dall’amaranto dei parà al multicolore dei para…venti la strada fosse così breve

Sergio Talamo

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