Erdogan ha avuto un nuovo colloquio telefonico con il capo dell’ufficio politico di Hamas, Ismail Haniyeh, al quale ha confermato tuto il proprio sostegno ed ha accolto con favore la decisione di Hamas di accettare un cessate il fuoco a Gaza, affermando che questa decisione a suo dire era in linea con le raccomandazioni di Ankara. Ha anche espresso la speranza che Israele accolga questa disponibilità.

Subito dopo l’entrata dei tank nel sud di Gaza al confine con l’Egitto, il leader turco ha chiesto l’immediato ritiro delle forze israeliane da Gaza e dal valico di Rafah ed ha invitato i paesi occidentali, in particolare gli Stati Uniti, ad aumentare la pressione sulla leadership israeliana affinché accetti il cessate il fuoco permanente. Il presidente turco sembra assecondare la strategia del prendere tempo adottata dall’organizzazione terroristica palestinese.

Il perdurare della guerra a Gaza sta facendo guadagnare consensi ad Hamas in occidente e quindi la sua leadership non mostra alcuna disponibilità a giungere ad un accordo sulla liberazione degli ostaggi in cambio di una tregua perché pensa di indebolire la posizione di Israele nella comunità internazionale per le drammatiche condizione della popolazione a Gaza e di creare una spaccatura tra Gerusalemme e Washington.Dopo il massacro di civili nei kibbutz israeliani del 7 ottobre 2023 da parte di Hamas, il presidente turco non ha mai avuto alcuna espressione di condanna per quel pogrom, anzi ha definito Hamas un gruppo di liberazione, di mujaheddin, che conduce una battaglia per proteggere le sue terre e la sua gente.

Il Partito della giustizia e dello sviluppo, che è il suo partito al potere, ha subìto la peggiore sconfitta elettorale di sempre nelle elezioni locali del 31 marzo ed è stato duramente accusato dal suo alleato islamista, diventato rivale nelle elezioni municipali, di non aver interrotto ogni relazione economico-commerciale con lo stato ebraico accusato di aver commesso un genocidio nei confronti della popolazione di Gaza.

Per fermare l’emorragia di voti tra la sua base più conservatrice e filo-palestinese, Erdogan ha dunque deciso di compiere alcuni passi concreti contro Israele, tra cui, la sospensione di ogni commercio diretto e di unire la Turchia al Sudafrica come querelante contro lo stato ebraico nella causa intentata per genocidio presso la Corte internazionale di giustizia (ICJ).
Erdogan ha inteso così placare la crescente rabbia interna della componente più radicale degli islamisti che chiedono al governo di recidere ogni legame con lo Stato ebraico a causa del conflitto a Gaza. Ma il sostegno del presidente turco ad Hamas è anche di natura ideologica e serve a far assurgere la Turchia alla leadership nella “geografia musulmana” nella sua diaspora in Occidente e serve a Erdogan in persona per ergersi ad alfiere della causa palestinese nel mondo islamico.

Con queste due mosse, progettate per compiacere gli elettori, Erdogan mostra di non avere alcuno scrupolo nell’aggravare ulteriormente le relazioni con gli alleati occidentali, in particolare con gli Usa e con Israele, perché esse sono già gravemente deteriorate e verso un punto di non ritorno, dunque ritiene di non aver nulla da perdere. I suoi rapporti con Biden si sono logorati e ora spera nella rielezione di Trump con il quale ha sempre avuto un feeling molto positivo. Intanto, mentre chiede il ritiro di Israele da Gaza senza nemmeno far riferimento agli oltre cento ostaggi ancora nelle mani di Hamas, le forze armate turche lanciano nuovi attacchi aerei contro i curdi nel nord Iraq.