L’unica cosa rimasta del PNRR è l’acronimo, per il resto siamo di fronte al piano nazionale di RESA e RETICENZA, due mali credo incurabili di una politica del rumore di sottofondo, infarcita di promesse al di sopra delle capacità di chi le strombazza. Sta di fatto che il rischio di naufragio del piano è alto.
Dopo anni di lamentazioni continue contro la brutta e cattiva Europa adesso ci ritroviamo nel paradosso al contrario con un consesso europeo che potrebbe prenderci a pernacchie per non essere stati in grado di spendere fondi continentali, alla faccia del sovranismo di bassa lega. Non molto tempo, infatti, si stappavano bottiglie di prosecco quando si avevano margini di manovra di 10-15 miliardi per fare investimenti ed erano tesoretti. E adesso che sono in ballo una somma venti volte tanto, ripeto il 200 per cento di una finanziaria pre-covid. Eppure, siamo alla “resa” di una governance bucata come un formaggio gruviera, con un governo che pensa a licei del made in Italy, al contante contro il pos, agli anglicismi di maniera o alla finta invasione di migranti o alla caccia ai borseggiatori rom (brutta cosa ma circoscritto a Milano visto che a Roma la metro funziona a malapena). Tutti problemi di sostanza vero? L’avvilimento sta tutto qui e riguarda onestamente tutti i colori politici eccetto rare eccezioni.
Alla resa si aggiunge la “reticenza”, ovvero quell’attitudine alla riluttanza nel cedere piccole quote di sovranità ed evitare quella stucchevole guerra tra primedonne sull’orlo di una crisi di inerzia. Penso – per stare ad un obiettivo del PNRR – alla questione degli asili nido rimasta al palo per mancati progetti o ritardi nell’implementazione da parte dei territori, i quali lamentano a loro volta mancanza di personale. Sul sito dedicato (pnrr.istruzione.it/avviso/asili/) si va per proroghe e differimenti accumulando un problema che diventa spinoso e imbarazzante considerando che è uno dei filoni cruciali del Pnrr dei Comuni, chiamato a far raggiungere all’Italia la media Ue che garantisce un posto al nido ogni tre bambini della fascia 0-3 anni.
Il filone vale 4,6 miliardi e finanzia 2.189 interventi finanziati dalle graduatorie pubblicate il 16 agosto scorso (333 scuole dell’infanzia e 1.857 fra asili nido e poli) e altri 381 progetti coperti dai 700 milioni con risorse nazionali. Il punto è che dopo la pubblicazione delle graduatorie c’è stata una lunga stasi, fatta di attese burocratiche (c’era in ballo la registrazione in Corte dei conti) e supplementi di istruttoria, e superata parzialmente solo nella seconda metà di ottobre quando sono arrivate ai Comuni le proposte per gli accordi di concessione: proposte che molti amministratori esitano a firmare per il ricchissimo accumulo di obblighi e responsabilità che le caratterizza. A quel punto mentre i ministeri non dialogano tra loro, mentre l’ANCI fa pressione si allungano i tempi e si accorciano le speranze di avere più asili nido, più mense per l’infanzia e genitori più tutelati nel loro supporto genitoriale.
Un tema, quello dei servizi educativi, affrontato nell’ultimo report a cura dello Svimez dal quale emerge un dato estremamente allarmante: in Italia, due bambini nati nello stesso anno, ma che frequentano la quinta classe primaria in posti diversi, uno al Nord e uno al Sud, hanno diritto a un’offerta educativa molto diversa. Mentre il bambino del Nord ha avuto garantito dallo Stato ben 1226 ore di formazione, quello del Sud non ha avuto a disposizione la stessa offerta educativa. Infatti, nel Mezzogiorno mancano infrastrutture e tempo pieno, e il bambino del Sud frequenta la scuola primaria per una media annua di 200 ore in meno rispetto al suo coetaneo del centro-nord. Un anno di scuola persa per il bambino del Sud: è una tragedia, un’iniquità che non può e non deve essere tollerata.
Ma non solo: anche i servizi socioeducativi per l’infanzia sono caratterizzati da una frammentarietà dell’offerta e da profondi divari territoriali nella dotazione di strutture e nella spesa pubblica corrente delle Amministrazioni locali. Il diritto all’asilo nido per quanti lo richiedono, rimane ancora una chimera. Secondo i dati SVIMEZ, nel Mezzogiorno, ben 650.000 alunni delle scuole primarie statali (79% del totale) non beneficiano di alcun servizio mensa. Mentre nel centro-nord sono il 46,53% quelli che non beneficiano della mensa.
La situazione migliora un po’ in Abruzzo (63,11%), ma peggiora nettamente in Molise (85,42%). Questo divario tra il Nord e il Sud del nostro Paese è inaccettabile e richiede un intervento immediato ed efficace delle istituzioni. L’uguaglianza di opportunità nella scuola e nei servizi per l’infanzia è un diritto fondamentale di ogni bambino italiano, e non può essere sacrificato sull’altare di una burocrazia inefficace e di una politica miope e disattenta alle reali esigenze del nostro Paese. Il PNRR è questa cosa qui, altro che le amenità e la fuffa di questi mesi.
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