Ieri, in una lunga lettera al Foglio, Giuseppe Conte descriveva e rivendicava l’atteggiamento del proprio partito, il Movimento 5 Stelle, a proposito della “criminale strategia che il governo Netanyahu sta perseguendo” nella guerra di Gaza.
È comprensibile che un direttore di giornale dedichi il giusto di attenzione, cioè poca, all’infilata di spropositi del capo del partito che solo qualche settimana fa, in una mozione parlamentare per il riconoscimento dello Stato di Palestina, chiedeva che l’Italia si attivasse per ottenere la liberazione “di tutti i civili tenuti in ostaggio”. Una formulazione (“tutti i civili”) che, esattamente secondo il criterio della propaganda filoterrorista, escludeva i giovani israeliani giacché essi, come pressoché tutti in Israele, prestano servizio militare. Il perimetro della mozione 5 Stelle du côté de chez Hamas non comprendeva dunque, per esempio, le ragazze – terrorizzate, ferite e con le mani legate dietro alla schiena – di cui i rapitori avevano la delicatezza di rammostrare le immagini. Erano “soldatesse”, immeritevoli quindi delle istanze di liberazione svolte dal movimento presieduto da Giuseppe Conte.

I troppi punti scandalosi della lettera di Conte

Si capisce che il direttore del Foglio, rispondendo a quel figuro in credito di riconoscimenti da operazione speciale e in debito di congiuntivi, abbia ritenuto di non indugiare sui troppi punti scandalosi di quella lettera. Ma uno in particolare, in modo osceno eminente tra gli altri, meritava forse un cenno di censura. È dove Conte argomentava che quella strategia criminale del governo di Israele avrebbe fatto una “carneficina di oltre 41mila civili a Gaza”. Non riuscirebbe a sostenerlo neppure Yahya Sinwar, né qualche sua estimatrice antisemita di casa nostra. E non si tratta, ovviamente, dell’infortunio in campo statistico di quello che sbadatamente affastella numeri a caso: no, è il doloso accreditamento di una campagna duplicemente contraffattoria. Quella che, per un verso, addebita a Israele di aver reagito ai massacri del 7 ottobre con una politica sterminatrice deliberatamente condotta contro i civili; e quella che, per altro verso, cancella da quei numeri l’aliquota abbondante dei miliziani e dei terroristi neutralizzati nel corso di operazioni belliche senz’altro sanguinose, senz’altro produttive di tragiche uccisioni tra i civili, ma altrettanto certamente mirate a colpire i responsabili degli eccidi del Sabato Nero e i loro mandanti.

Il ricorso alla retorica falsaria

A quel bellimbusto dall’italiano accidentato, quel numero di contabilità propagandistica non esce di bocca gratuitamente e per disavvertenza, ma consapevolmente e per cinico ricorso alla retorica falsaria che fa di una guerra atroce, non causata da Israele, l’operazione di genocidio descritta nell’ultimo capitolo dell’inesausto romanzo antisemita. La stessa retorica – che continua a gemmare dall’antica radice goebbelsiana, e che rameggia dalla scandalosa lettera di Giuseppe Conte – secondo cui il popolo ebraico è dopotutto causa dell’odio di cui è destinatario, cioè l’antisemitismo, un sentimento ingiusto che tuttavia “si spiega” considerando il male che lo Stato Ebraico infligge agli altri. Un “male-menzogna” – come il deicidio, la cospirazione per il dominio del mondo, il controllo apolide della finanza, eccetera – che oggi assume i tratti e i numeri inventati del crimine sionista.

Se ne valesse la pena – ma per le propalazioni di quel signore non vale la pena – si potrebbe aggiungere che un antisemitismo che traesse nutrimento dai crimini veri o presunti di Israele dovrebbe essere oggetto di una condanna anche più ferma, anziché della sorta di assoluzione cui si assiste quotidianamente. Salvo credere che una sinagoga incendiata, un bambino con la kippah preso a sassate o la caccia all’ebreo nelle università costituiscano fenomeni magari poco commendevoli, ma dopotutto riferibili alla colpa del governo sionista che fa 41 mila morti, il 110% dei quali civili.