Una operazione-monstre. Gigantesca, covata non per mesi ma per anni. E infine il colpo, affondato quando alle Europee mancano trenta giorni e a tre giorni dall’annuncio della più ambiziosa riforma della giustizia di sempre. L’arresto del governatore della Liguria, Giovanni Toti, colpisce dove voleva colpire. Il centrodestra che aveva in animo la separazione delle carriere è avvisato.
Le sirene della Guardia di Finanza ululano nelle strade già trafficate del primo mattino a Genova. Sorprendono il governatore che è già uscito di casa e si sta recando a un appuntamento fuori città. Viene arrestato lui, e non solo. Sono dieci gli indagati, raggiunti da provvedimenti cautelari di diverso tipo, nell’inchiesta della Dda di Genova.

A richiederli è stata la Procura di Genova, lo scorso 27 dicembre. Nei confronti del presidente Toti, agli arresti domiciliari con l’accusa di corruzione, paiono ricorrere le esigenze cautelari per “il pericolo attuale e concreto che l’indagato commetta altri gravi reati della stessa specie di quelli per cui si procede e, in particolare, che possa reiterare, in occasione delle prossime elezioni, analoghe condotte corruttive, mettendo la propria funzione al servizio di interessi privati in cambio di utilità per sé o per altri”. Lo scrive il gip Paola Faggiani nell’inchiesta che ha causato un vero terremoto.
Da poche settimane Noi Moderati, il soggetto centrista di cui Toti era un pilastro, si era unito a Forza Italia. L’intento di creare scompiglio anche sul piano della coalizione di governo nazionale traspare con chiarezza.

“In occasione e in concomitanza delle quattro competizioni elettorali che si sono susseguite” in 18 mesi dal 2021 al 2022 “Toti, pressato dalla necessità di reperire fondi per affrontare la campagna elettorale, ha messo a disposizione la propria funzione e i propri poteri per favore di interessi privati, in cambio di finanziamenti, reiterando il meccanismo con diversi imprenditori”, si legge nell’ordinanza di custodia cautelare nei confronti del governatore della Liguria e di altri indagati per corruzione. Un plot già visto molte volte, anche nelle intemerate della magistratura risoltesi poi in buchi nell’acqua tanto clamorosi quanto discreti. Se gli arresti si fanno a telecamere accese, le assoluzioni arrivano nei giornali tardi e male, relegate nelle ultime pagine. Certo, insieme a Toti c’è il corollario dei manager e dirigenti pubblici. Non manca mai. In questo caso ecco finire nel tritacarne Paolo Emilio Signorini, ex presidente dell’Autorità di Sistema Portuale del Mar Ligure Occidentale.

E’ accusato di corruzione per l’esercizio della funzione e per atti contrari ai doveri d’ufficio. A suo carico è stata disposta la misura restrittiva più severa, quella della custodia cautelare in carcere. Aldo Spinelli, imprenditore nel settore logistico ed immobiliare, è accusato di corruzione nei confronti di Paolo Emilio Signorini e del presidente della Regione Liguria. arresti domiciliari anche per lui. Roberto Spinelli, figlio di Aldo, e come lui è imprenditore nel settore logistico ed immobiliare, è accusato di corruzione nei confronti del Presidente della Regione Liguria. Gli è stata applicata la sola misura interdittiva del divieto temporaneo di esercitare l’attività imprenditoriale e professionale.
La politica, a un mese dalle urne, sente il richiamo della caccia.

Il centrodestra difende il governatore, il centrosinistra – garantista a parole, mai nei fatti – si affretta a chiedere le dimissioni. In assenza di condanne, di contezza delle indagini, di prove provate, il Pd prima e il M5S corrono a versare benzina sul fuoco. La presunzione di innocenza è fatta strame, è già evaporata prima ancora che le fiamme si alzino. Il Nazareno marcato Elly Schlein non si tiene. “Quanto emerso dalle indagini dell’inchiesta certifica un modo disgustoso di fare politica, volta solo alla gestione e alla spartizione del potere. La magistratura farà il suo corso rispetto alle singole responsabilità penali, oggi però si deve chiudere la stagione del centrodestra in Liguria. Toti si dimetta e ci siano subito nuove elezioni”. Eccoli, i garantisti a chiacchiere. Il ministro della giustizia Carlo Nordio si dice “Perplesso. Non conosco gli atti e da garantista penso sempre alla presunzione di innocenza”.

Mal gliene incolse. I Dem tornano all’assalto, bava alla bocca: “Le parole di Nordio sono sorprendenti, ricorda di essere ancora ministro della giustizia?”, la reprimenda della responsabile giustizia del PD, Debora Serracchiani, che aggiunge: “Sconcertano le affermazioni del guardasigilli. Sembrano quelle della difesa del presidente Toti, non certo di chi dovrebbe agire con leale collaborazione istituzionale”. Il M5S prova a fare di peggio: “Dall’inchiesta che ha portato agli arresti domiciliari il presidente della Regione Liguria Giovanni Toti e altre persone con incarichi di rilievo, emerge il sospetto di un impressionante quadro corruttivo e di malaffare diffuso che coinvolge la politica, i vertici delle amministrazioni pubbliche e l’imprenditoria. È l’ennesimo capitolo di una nuova Tangentopoli che sta esplodendo nel 2024 in tutto il nostro paese”.

E non è tutto. I rappresentanti del M5S nelle commissioni Giustizia della Camera e del Senato capitanati da Federico Cafiero De Raho e Roberto Scarpinato affondano: “Quasi ogni settimana arrivano notizie di inchieste dai contenuti sempre inquietanti, numerosi casi di voto di scambio politico-mafioso e in generale un diabolico intreccio tra potere pubblico e interessi personali, particolari e spesso criminali. In questo quadro l’azione del Governo è ostinatamente indirizzata ad indebolire e delegittimare tutti i baluardi che operano per il controllo della legalità, per il rispetto delle regole e per l’accertamento delle malefatte. Serve un cambiamento radicale nelle regole che disciplinano la gestione della cosa pubblica, il patto per la legalità proposto in Puglia dal Movimento 5 Stelle dovrebbe essere applicato ovunque nel Paese”. Diverso l’approccio di Matteo Renzi: “Siamo garantisti, non commentiamo”.

Paolo Liguori, che di Giovanni Toti è stato il talent scout, avendolo selezionato per Mediaset e presentato a Silvio Berlusconi, prova a inquadrare meglio il tema: “L’ordinanza l’avete letta? Ci sono dieci filoni incrociati. Un polpettone che mischia cose che non riguardano Toti e che per quanto riguarda lui attengono una serie di finanziamenti leciti alla lista Giovanni Toti.
Un caso non dissimile da quello di Open. Questa attività della magistratura è vergognosa in generale, ma micidiale quando cade a ridosso delle elezioni”.
E proprio a proposito di Open è arrivato ieri l’ok dell’Aula del Senato alla relazione della Giunta per le Immunità di palazzo Madama che ha detto no alla richiesta della magistratura di Firenze di procedere al sequestro delle chat del senatore del Pd Matteo Renzi, per poterle utilizzare nel procedimento aperto sulla fondazione Open. I voti a favore della relazione sono stati 112, i voti contrari 18, tre gli astenuti.

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.