Non c’è scrittore più attuale di Mario Soldati. A venticinque anni esatti dalla sua morte non è un caso che colleghi come Francesco Piccolo o Tiziano Scarpa ne ammirino tutto: lo stile, i temi, l’atteggiamento verso la vita. Soldati dominò per vent’anni la vita culturale italiana. Dal successo di Piccolo Mondo Antico (girato nel 1945) fino alla pubblicazione delle Lettere da Capri (con vendite vertiginose che gli consentirono un nuovo, felice contratto con la Mondadori) il suo sguardo divenne lo sguardo degli italiani, che lo conobbero grazie al piccolo schermo. Nel 1957 infatti girò Viaggio nella valle del Po – alla ricerca dei cibi genuini, che fonda di fatto un movimento interpretativo del tutto nuovo rispetto all’enogastronomia; per la prima volta il narratore di un documentario perde la sua forma oggettiva e si mette in scena, diventa protagonista del racconto.

Di recente, nella sua amatissima Orta, come Fondazione Mondadori insieme al Centro Novarese Studi Letterari e all’Associazione Asilo Bianco abbiamo allestito una mostra con tutte le sue prime edizioni (oltre 60 volumi tra racconti, romanzi, reportage, saggi) e fatto rivedere il breve omaggio al lago, “Orta mia”, girato nel 1960. Subito prima Carlin Petrini ci ha mandato un video in omaggio all’amato Mario, in cui ricorda come tutti gli studenti dell’Università di Pollenzo – quale primo atto del loro ingresso in quel tempio del sapere del gusto – debbano obbligatoriamente vedere il Viaggio lungo il Po, per capire davvero il concetto di biodiversità, non soltanto naturale ma soprattutto umana.

Soldati tuttavia ha un prima e un dopo rispetto a quel successo, e in qualche modo questi prima e dopo sono di tipo “politico”: il socialismo che lo accomunava a Carlo Levi gli fa scegliere di andare prima a New York (dal 1929 al 1931) per insegnare arte e letteratura italiana alla Columbia University, poi di tornare e di raccontare il tutto in uno dei suoi capolavori, America Primo Amore, non a caso citato in apertura del recentissimo nuovo lavoro di Eraldo Affinati, Le città del mondo. Ma soprattutto di accettare di realizzare una gran parte dei festeggiamenti dell’unità d’Italia – a Torino nel 1961 – inventando per la prima volta i padiglioni regionali.

Niente che assomigli alle leggi dell’autonomia differenziata, anzi: la visione di Soldati è molto francese, gli proviene dell’insegnamento del suo primo maestro Lionello Venturi, consapevole dell’importanza di un forte stato centrale ma di una cultura diffusa e variegata, riconoscibile come un tratto di umanità insita in ciascuno di noi. Già nelle sue prime novelle, Soldati aveva inoltre indagato la doppiezza dell’animo e della sessualità: “Salmace” (pubblicato nel 1926) è il racconto di un ermafrodito, di qualcuno che non sa scegliere se essere uomo o donna, se amare le donne o gli uomini; meglio entrambi. Mario Soldati, incontrato di persona nella sua casa di Tellaro oltre trent’anni fa, è davvero uno dei pilastri del mondo contemporaneo. Vi consigliamo di rileggerlo, pubblicato oggi quasi tutto nelle edizioni Sellerio.

Paolo Verri

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