Si è appena spenta l’eco della campagna elettorale nella quale è lecito raccontare tutte le meraviglie possibili nascondendo sotto il tappeto i problemi. Ma, come ci ricorda lo scrittore Philip K. Dick, la realtà è quella cosa che anche se smetti di crederci non svanisce. La realtà dell’Italia, da un punto di vista economico non è certamente delle migliori. Nel suo più recente “Rapporto sulla politica di bilancio” l’Ufficio Parlamentare di Bilancio, l’istituzione indipendente che svolge le verifiche sulle previsioni macroeconomiche del Governo, ci ricorda chiaramente come le principali debolezze della nostra economia restino l’elevato debito pubblico, una crescita economica troppo lenta e una eccessiva pressione fiscale che contribuisce a comprimere il reddito disponibile delle famiglie e delle imprese. In un contesto demografico caratterizzato da un progressivo e inesorabile invecchiamento della popolazione le politiche pensionistiche hanno mostrato alcuni importanti progressi in termini di sostenibilità, ma restano le preoccupazioni per la spinta verso un rilassamento delle condizioni di accesso e per un sistema di welfare che mostra evidenti segni di inefficienza, soprattutto nelle aree meno sviluppate del Paese. Restano ancora da appurare gli effetti delle riforme strutturali e del completamento delle misure del PNRR che per quanto riguarda le opere comincia a fare registrare tassi incoraggianti di inizio e avanzamento lavori. Ma se gli effetti della spesa pubblica sul PIL sono gli stessi che abbiamo osservato per le misure del Superbonus c’è poco da stare allegri.

La procedura per deficit eccessivo

Non si tratta certo di novità e, ad analizzare le iniziative economiche del Governo in carica, sembra evidente che ci sia ampia consapevolezza del momento cupo. È tornato anche il vincolo esterno delle regole europee di bilancio, sospeso per effetto della pandemia, seppure in un mutato contesto che deve ancora pienamente dispiegare i suoi effetti pratici. La Commissione Europea ha già attivato la procedura per deficit eccessivo nei confronti di sette paesi membri, tra cui Italia e Francia. La decisione era ampiamente prevista ma, entro il 20 Settembre, bisognerà presentare il piano per il rientro che pare costerà circa 12 miliardi da trovare come minori spese o maggiori imposte nei prossimi 7 anni. In un contesto economico così complesso, in un mondo sempre meno aperto e nel quale proliferano pericolose politiche protezionistiche che fanno da ancella alle tensioni politiche e agli scontri armati, proprio le istituzioni europee e la capacità di cooperare diventano elementi fondamentali per riuscire a realizzare politiche efficaci che consentano di liberare le energie imprenditoriali che continuano a tenere a galla il Paese.

Una scelta miope e pericolosa

L’isolamento subìto dal Presidente del Consiglio nel corso della prima riunione informale dei capi di governo all’esito delle elezioni, nella quale si è discusso delle nomine per le cariche più rilevanti delle istituzioni europee, non è un bel segnale. Non lo è per l’Italia che ha certamente necessità di far valere il suo peso economico e istituzionale nel contesto europeo in ragione dell’attuale situazione economica e degli impegni già assunti nell’ambito delle iniziative di spesa comune. Non lo è per la Francia e la Germania che vivono momenti di grave difficoltà politica ed economica e non si possono permettere di isolare un partner fondamentale spingendo Giorgia Meloni, tra i pochi leader di governo uscita vincente dalle urne europee, verso i gruppi parlamentari più antieuropeisti che potrebbero intralciare il completamento dell’Unione anche sugli aspetti economici. Sarebbe una scelta miope e pericolosa che non darebbe alcun vantaggio e rischierebbe di aumentare la cacofonia nella quale sembrano costantemente muoversi le istituzioni europee.

“Allegro ma non troppo

La cooperazione internazionale, in un mondo che resta fortemente interconnesso e la cui crescita economica non è mai un gioco a somma zero, resta un elemento di progresso fondamentale. Le maggiori istituzioni internazionali sono nate all’indomani della Seconda guerra mondiale proprio nella convinzione che luoghi dove discutere e provare a trovare soluzioni possano essere un rimedio efficace alla politica di potenza e all’aggressione tra nazioni. Ci troviamo spesso a criticare o a considerare antiquate, inutili e inefficaci queste istituzioni e la fiducia nella loro capacità effettiva di risolvere le dispute tra nazioni è ai minimi storici. Ma la loro stessa esistenza ci ricorda che abbiamo vissuto un tempo e un mondo dove la possibilità di risolvere scontri e dispute tra nazioni non conosceva regole e procedure codificate ma era confinata al capriccio dei sovrani e alle relazioni personali e familiari. L’Italia ha certamente bisogno dell’Europa ma chi pensa che quest’ultima possa risolvere i suoi complessi problemi senza l’apporto di un così importante membro fondatore è un perfetto esempio dello stupido descritto da Carlo Maria Cipolla nel suo “Allegro ma non troppo”: colui che agisce non massimizzando la propria utilità né quella degli altri.

Carlo Amenta

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