Le migliaia di razzi e droni che dal 7 ottobre dell’anno scorso, ininterrottamente e fino a oggi, Hezbollah ha lanciato dal Libano sulle città, sui villaggi, sulle fattorie, sui contadini del Nord di Israele, a che cosa servivano? A fermare il “genocidio” che sta perpetrando Israele a Gaza? Ed è per questo che l’Onu, è per questo che i Paesi che hanno riconosciuto lo “Stato di Palestina”, è per questo che i multicolorati fronti pacifisti, da più di otto mesi, nulla dicono della guerra che ha incenerito la Galilea e ha sfollato sessantamila israeliani? È perché si tratta di una legittima guerra di solidarietà al popolo palestinese? Ancora.

Il motivo per cui il mondo in pena per la sorte dei civili reclama da otto mesi il cessate il fuoco “su Gaza”, ma non il cessate il fuoco “da Gaza” né, tanto meno, chiede appunto ai terroristi impiantati in Libano di cessare il fuoco sui civili israeliani, qual è? Quel mondo trepidante ritiene che il fuoco libanese su Israele sia a difesa dei palestinesi sottoposti a “pulizia etnica”? Ritiene insomma che Hezbollah sia l’elemento magari non propriamente pacifista, ma dopotutto impegnato nel dovuto contrasto e nella sacrosanta punizione del crimine sionista? No, perché qui bisogna intendersi. Nonostante il grande sforzo silenziatore dell’Onu, infatti, nonostante l’impegno disinformativo del giornalismo militante dal fiume al mare, nonostante il disinteresse delle platee per la pace, la guerra di Hezbollah a Israele non è una fantasia, ma un fatto. E allora bisognerà pur domandarsi se, e in quale misura, Israele ha il diritto di impedire che quel fatto diventi il fatto compiuto della fine di Israele.

Si può tranquillamente rispondere che Israele quel diritto non ce l’ha. Perché è uno Stato terrorista. Perché ha fatto 75 anni di apartheid. Perché da otto mesi sta facendo un genocidio e perché ha sottoposto due milioni di persone a otto mesi di carestia. Ma, se è così, allora diciamo che la guerra di Hezbollah a Israele – una guerra evidentemente giusta – avrebbe meritato un sostegno più convinto anziché la noncuranza cui purtroppo abbiamo dovuto assistere. Fortunatamente, per quanto tardivamente, questo sostegno sta ora arrivando. Davanti alla intollerabile insubordinazione di Israele al dovere morale della resa a Hezbollah, il mondo della pace finalmente si mobilita. Ha capito, finalmente, che il problema non è la permanenza al governo di Benjamin Netanyahu o di qualche suo ministro oltranzista, ma la permanenza di Israele sulla carta geografica. Ha finalmente capito che aveva ragione Hamas il 7 ottobre e che ha ragione Hezbollah adesso.