Una mitica scena del film “Il Marchese del Grillo” vede il Papa passare in rassegna la sua milizia scelta in vista dell’arrivo a Roma dei miscredenti francesi. Uno ha 200 anni, uno è zoppo, uno effeminato, mentre in giro per Roma gli amici dei francesi aumentano di giorno in giorno, se non altro perché pensano che Napoleone vincerà.

L’unico in forze è quel burlone di Marchese, che tutto ha in testa fuorché i valori della Santa Romana Chiesa. E anche lui strizza l’occhio al mondo nuovo che viene da Parigi. È un sistema autocratico, ciancia di grandi valori e si impone solo con la forza, ma che fa?

Oggi l’Occidente libero e democratico sta messo più o meno così. Dopo 3 decenni di tragici errori, le sue energie sono fiaccate da divisioni, paure, protagonismi, ideologismi, calcoli. Nel 1989 il crollo del Muro consegnava alle democrazie il timone del mondo.

Gli americani cominciarono con il demolire Bill Clinton per una piccola storia a sfondo sessuale, lui che stava gestendo tutti i dossier internazionali ed era vicino anche alla pace in Palestina. Non si sono più fermati, alternando mediocri figure ad avventure belliche senza senso né visione strategica. Nel frattempo, l’Europa entrava nel lungo sonno della politica gestito da un’onesta amministratrice come Angela Merkel.

Fra i manipulitismi che distruggevano le sue classi dirigenti e le fissazioni restrittive che la rendevano impopolare, l’Unione ha vegetato per 30 anni sprofondando nel populismo, per risvegliarsi con il “whatever it takes” di Draghi che solo con la pandemia diventa finalmente il traguardo di tutti.

Ma è stata solo una breve primavera. Oggi siamo già al ritorno dei nazionalismi e del nuovo Patto di stabilità destinato ad alimentarli. Il manifesto della nuova Europa di Mario Draghi resta per ora una declamazione di principi.

Nel frattempo, la Russia dell’ex KGB Vladimir Putin ha deciso di conquistare il dominio del pianeta. Già, perché a molti non è ancora chiaro che l’obiettivo dell’operazione militare speciale del 2022 non era Kiev, e il sodalizio non era con la Bielorussia ma con la Cina, l’India e un pezzo degli Arabi, non a caso da subito neutrali dopo l’aggressione all’Ucraina.

Di fronte a questo attacco finale, l’Occidente brilla da due anni per corrosione interna, indebolito com’è fra gli antiamericani che non credono vero di tornare agli antichi splendori; i complottisti in servizio permanente, dal no-vax al no-Nato; gli amici dei russi per interessi economici e gli aspiranti tali. Per questi agenti del nemico, che negli anni ’40 avrebbero passato seri guai, ci sono spazi enormi.

Possono persino sostenere che le stragi russe sono inventate, che la resistenza ucraina porta la responsabilità dei morti, che la Costituzione dice solo “l’Italia ripudia la guerra” e non anche “come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli”.

Vorrebbero che il presidente Zelensky facesse un discorso di questo tipo: “Cari europei, scusate. Lo so, la nostra resistenza è stata per voi una complicazione, per di più inutile, perché il Donbass e la Crimea sono già russi, e infatti hanno votato nelle recenti libere elezioni. E poi, alla fine, anche se i russi si prendono tutta l’Ucraina oltre non vanno: lo ha garantito Vladimir Putin in persona”.

Mentre noi celebriamo la Liberazione battibeccando su un fascismo che non c’è, i veri fascismi contemporanei – che vanno da Mosca alle teocrazie che alimentano il terrorismo – si rafforzano ogni giorno di più.

Gli Stati Uniti, approvando il nuovo sostegno all’Ucraina, hanno avuto un sussulto di orgoglio. Ma non so quanto ancora si possa fare. Forse siamo stati in pace e ricchi troppo a lungo.
Forse siamo nel nuovo Basso Impero che un millennio e mezzo fa spianò la strada ai barbari.

So però che gli splendori, i difetti e gli errori della democrazia ci hanno comunque fatto respirare e crescere, e l’idea dei nostri figli come sudditi di un mondo dominato dalle dittature toglie il sonno. Per questo, oggi, l’unico 25 aprile possibile ha i colori gialli e blu della bandiera ucraina.

Sergio Talamo

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