La pochezza del dibattito avviato in questi giorni sull’autonomia differenziata è sinceramente imbarazzante. Contro la legge approvata, alcune regioni fanno partire di default ricorsi alla Corte Costituzionale, forze politiche lanciano raccolte di firme per un referendum abrogativo, per non parlare dei sottoscrittori di appelli un tanto al chilo, generalmente soloni della giurisprudenza, che invadono i mezzi di comunicazione per spiegare verso quale disastro sta andando l’Italia.

Del merito della misura, ovviamente, nessuno parla. Dato che persino un insofferente a norme e codici come me è stato in grado di capire come funzionerà la legge, devo presumere che le suddette schiere di statisti e scienziati siano animate solo da una cospicua quota di malafede. E dunque armiamoci di pazienza e spieghiamo come andranno le cose nella realtà, non nell’Apocalisse immaginata. Una regione interessata ad ottenere l’autonomia differenziata in determinate materie dovrà intanto presentare – con un atto del Consiglio regionale – una proposta formale al governo, che avvierà una negoziazione per definire termini e condizioni dell’autonomia richiesta. In caso di accordo, il Consiglio dei Ministri adotterà l’intesa e la trasformerà in un disegno di legge, da approvare in entrambe le Camere a maggioranza assoluta.

Come funziona davvero l’autonomia differenziata

Un processo lungo, complesso, e totalmente governato dallo Stato centrale. Nel percorso di approvazione, ci sarà poi la famosa determinazione dei Livelli Essenziali delle Prestazioni (LEP), indispensabili per garantire servizi pubblici essenziali uniformi su tutto il territorio nazionale. I LEP saranno definiti da esperti dei vari ministeri interessati per competenza, e la Conferenza Stato-Regioni li sottoporrà a valutazione e consultazione. Su queste basi il governo approverà un decreto legislativo, che verrà sottoposto alle commissioni parlamentari competenti, all’esame e all’approvazione del Parlamento e successivamente formalmente adottato. Dopo l’approvazione, il decreto verrà emanato dal Presidente della Repubblica e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, diventando così operativo.

Aprire una discussione di merito

Come vede anche un bambino, si tratta di un processo democratico articolato e partecipato, di cui le istituzioni centrali saranno protagoniste. E che alla fine – naturalmente se condotto con equilibrio e saggezza – può portare a risultati positivi per l’Italia. Possibile che non venga compreso? Possibile che a nessuno dei fieri oppositori dell’autonomia venga in mente quantomeno di andare a vedere le carte, di aprire una discussione di merito, di studiare se si può fare qualcosa per migliorare le cose, prima di armare una caciara che la metà basta? Una cosa è certa, cari miei: se ci si muove solo per ricorsi, manifestazioni e appelli, si lavora per mantenere l’attuale pessimo status quo, che fa crescere l’insofferenza del Nord mentre condanna il Sud ad un sottosviluppo assistito, sempre disponibile a jacqueries populiste e vandeane. E dunque nessuno si lamenti se viene sospettato di malafede.