Generale dietro la collina… Dietro la collina della Lega. Dietro la Lega c’è lui, Roberto Vannacci detto “generale”. È il candidato ideale per le elezioni Europee e Salvini detto “Matteo” lo sa benissimo perché è l’unico asso nella manica che il leader del Carroccio poteva tirare fuori per raccattare qualche voto ora che il suo partito è in crisi. Primo sintomo della crisi è ricercare effetti speciali, vuol dire non avere idee, nomi, progetti e allora si gioca sull’effetto sorpresa. Come quando i radicali candidarono Ilona Staller eletta nel 1987 alla Camera dei deputati e che poi fondò un partito tutto suo: il partito dell’amore. Ecco, ci aspettiamo il partito della patria del generale. L’idea era provocare, scuotere, certo altri tempi e altro spessore politico ma l’idea di base è la stessa. E Matteo di idee pare non averne molte, ne ha avuta una. Giusta. Candidare Roberto Vannacci, metterlo in lista per una poltrona in Parlamento.

Sì, avete letto bene, sto dicendo che ha fatto benissimo Salvini a candidarlo e sono quasi certa che prenderà non pochi voti. Anzi. Ne prenderà molti e non per quello che dice perché alla fine non dice niente. E dopo un primo momento nel quale ti prende quella sana tentazione di “ignorarlo” come ha implorato di fare Elly Schlein e come lui stesso si è scritto sulla maglietta mentre se la rideva a più non posso, viene piuttosto la naturale voglia di compatirlo. Non attaccarlo per quello che dice, ma compatirlo per quello che non dice perché non ha capito del mondo attuale.

Vannacci e le paure degli italiani

Facile ridurre tutto a bianco o nero, voi di qua e noi di là, voi strani e noi normali, noi buon e voi cattivi. Non funziona così o almeno non funziona più così. Ma sta tutto qui il colpo di genio di un Matteo schiacciato da Forza Italia che recupera consensi e lo supera, il centro occupato da Calenda e Renzi e Fratelli d’Italia che è sempre più forte. Candidare Vannacci è stata una mossa disperata, spregiudicata, l’unica possibile. L’unica ma che poggia la sua ragione d’esistere sulle paure degli italiani. E sono tante, tantissime e ben radicate. Un terreno perfetto sul quale lanciare il prode generale Vannacci, senza macchia e senza paura. Lui incarna le paure degli italiani. La paura dello straniero, un tale Camilleri scrisse “non bisogna mai avere paura dell’altro perché tu, rispetto all’altro, sei l’altro”, ma che importa: via gli immigrati dalla nostra Nazione. Rubano il lavoro, ci aggrediscono e sono diversi da noi. Il gioco è fatto. E quando Vannacci tuona: “La società multiculturale mette in dubbio il concetto di patria” nessuno lo dice ma tutti (quasi, io no) si sentono confortati da quell’ex parà che vuole solo italiani italianissimi nella sua patria. Si sentono al sicuro le madri con le figlie adolescenti e la signora ottantacinquenne che vive sola e dà la colpa agli stranieri pure per la carta della gomma da masticare buttata all’ingresso del suo portoncino.

La visione del generale

Ed è inutile che certi parlamentari si mettano a gridare che la sua candidatura non è a norma di legge. Lo è. Piuttosto mi preoccuperei delle sue capacità politiche, della sua preparazione, della sua visione. Quando il generale dice: “Voi gay non siete normali, fatevene una ragione” piace. Piace a quei padri vecchio stampo che nel figlio maschio ripongono la speranza della prosecuzione del cognome e della generazione, che va onorata con comportamenti “normali”, una bella casa, una bella moglie, la macchina grande e tre figli. Altrettanto belli e “normali”. La paura di dover fare i conti con un mondo che loro reputano ostile nei confronti dei gay li porterà a osannare Vannacci.

Il progetto apolitico

Il generale ancorato a un passato che, per fortuna, non può tornare si immerge nelle paure più inconsce degli italiani e da lì tira fuori un votarello per la sua corsa alle Europee. È tutto qui il gioco di candidare Vannacci. E lui se la ride, ride molto il generale quando lo si attacca perché si parla di lui, perché gli si fa una campagna elettorale gratis altro che “ignoratelo”. Le sue frasi senza senso, urlate sapendo di urlare, la generalizzazione fine a se stessa, argomenti buoni per ogni stagione e per la paura. Su questo si fonda il progetto politico di Vannacci detto “generale” e di Salvini detto “Matteo”. Non è stupido, è solo apolitico. Non è folle, anzi molto ragionevole.
Mi chiedo solo quale sarà il suo ruolo in Europa qualora venisse eletto. Farà il capo delle forze speciali in caso di assalto al Parlamento?

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Giornalista napoletana, classe 1992. Affascinata dal potere delle parole ha deciso, non senza incidenti di percorso, che sarebbero diventate il suo lavoro. Segue con interesse i cambiamenti della città e i suoi protagonisti.