Cosa fare dei riformisti? Quale percorso seguire, dopo lo schianto elettorale di Iv e Azione? Il dibattito del Riformista prosegue con la voce di Ivan Scalfarotto, quattro volte sottosegretario, europeista e atlantista, uno che ha fatto la battaglia dei diritti nel Pd e oggi è ai vertici di Italia Viva.

Che percorso indica per il partito dei riformisti?
«Dobbiamo prendere questo percorso sul serio. Partendo dalle scuse».

Le scuse agli elettori?
«Sì. Dobbiamo loro sentite e doverose scuse. Perché gli elettori liberali e moderati, in uno scenario in cui votano in pochi, sono andati a votare per noi. Ci hanno creduto. Consegnandoci più di un milione e seicentomila voti. Di cui hanno beneficiato sovranisti, estremisti e populisti. A Roma è stato eletto con il Pd, grazie ai voti che abbiamo invalidato, uno che vuole uscire dalla Nato…»

Come diamo seguito a queste scuse?
«Rendendoci conto che qualsiasi percorso seguiremo adesso, sarà l’ultima chiamata. Dobbiamo già essere grati se ci daranno ancora una opportunità. Se ci sarà, sarà l’ultima».

Torniamo a monte: come si riprende il percorso?
«Tutta la classe dirigente liberaldemocratica adesso deve dare una grande dimostrazione di umiltà, di responsabilità e di unità».

Quest’ultima, a naso, è la più difficile…
«Lo so. Però tutti gli incidenti, dalla caduta del terzo polo al mancato raggiungimento della soglia, sono dovuti al fatto che si è dimenticata la necessità di un percorso unitario».

Non sarà facile.
«No. E allora tutti devono fare la loro parte. Prima di discutere di nomi – la conta sui nomi porta a dividersi, non a unirsi – dobbiamo discutere di questioni politiche. Logicamente e cronologicamente prima bisogna capire chi vogliamo essere, poi chi ci rappresenterà».

Come immagina il terzo polo?
«Dobbiamo essere, in questo momento, all’opposizione. Dunque dentro alla coalizione di centrosinistra. Saldamente dentro, ma battaglieri e competitivi con le altre forze: stare nel centrosinistra ma competitivi con il Pd».

Quali battaglie in particolare?
«Sulla giustizia, perché con il populismo giudiziario non c’è cedimento possibile. Sul lavoro, perché indietro non si torna. E sugli esteri, atlantisti ed europeisti senza se e senza ma. Noi dobbiamo rappresentare l’area liberaldemocratica. Alzare la voce e tenere il punto dentro alla coalizione, che poi è quello che specularmente fa Forza Italia nel centrodestra».

Fine del terzo polo, dunque. E bentornata Margherita…?
«Non penso neanche si debba costituire un partito di centrosinistra per sempre. Noi saremo sempre una identità autonoma, un pungolo per gli altri soggetti. Come i liberali tedeschi della Fdp: una volta con l’Spd, un’altra con la Cdu. Questo si può valutare. Quello che non si può fare è appoggiare, a scacchiera, nello stesso momento e a seconda del singolo caso, centrodestra e centrosinistra. Così l’elettore si disorienta».

Pensa quindi a un soggetto riformista, liberal o liberale?
«Ci può essere il liberalismo di Milei e quello di Tony Blair. Io vengo dalla storia di Blair: nel perimetro del centrosinistra ma per rivoltarlo completamente».

Dunque, tutti devono aprire un percorso costituente?
«Tutti. Se Renzi fa un passo di lato, lo deve fare Calenda. E si riparte da zero, o meglio: dai contenuti. Tutti i soggetti di quest’area devono arrivare al tavolo delle trattative avendo fatto i compiti a casa, chiarendosi bene all’interno. E poi ci si confronta e si prova a fare la sintesi».

Prima il congresso di Iv, poi una costituente dei riformisti?
«Sì. Prima bisogna chiarirsi sulle piattaforme, sulla collocazione, sulle alleanze. Poi si mettono in campo i leader: nomina sunt consequentia rerum».

E Renzi?
«Abbiamo avuto in lui fino a oggi un uomo politico straordinario, un talento senza uguali, capace di trovare la sintesi in ogni situazione. Se oggi con la sua generosità dice ‘Un terzo nome per il terzo polo’, ed è anche questa una intuizione politica straordinaria, dobbiamo rendere questo passaggio possibile facendolo precedere da un chiarimento interno».

Cosa va conservato, di Italia Viva?
«Lo straordinario senso di comunità che c’è nel nostro partito. L’attenzione reciproca che ci ha consentito ogni volta di affrontare e superare insieme le difficoltà e che anche questa volta ci porterà a correggere gli errori e tornare a crescere. Se alla fine ci sarà un nuovo leader, deve essere una persona che sappia cucire, unire, tenere insieme. Come dicevo, ora è soprattutto di questo che abbiamo bisogno».

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.