Ero appena arrivato a Roma con la mia famiglia americana, mia moglie e Liv Liberty appena nata. Ed era l’undici settembre del 2001. La CNN come ogni emittente aveva tutte le telecamere puntate sulla prima delle due Twin Towers che bruciava dopo essere stata penetrata da un aereo di linea pieno di passeggeri consapevoli di morire, pilotato da un jihadista affiliato ad al-Qaeda che aveva preso lezioni di volo disertando quelle sull’atterraggio che non gli servivano. Mai si era visto un attentatore suicida pronto a morire e far morire in una palla di fuoco a 3000 gradi. Mi telefonò da New York il padre di mia moglie: “Stai guardando?”. Tutto il mondo stava guardando. In quel momento il secondo aereo entrava con una palla di fuoco nella seconda torre.

Non c’era più alcun dubbio. Era un doppio attacco terroristico che per la prima volta comprendeva il suicidio dei falsi piloti. La città simbolo degli Stati Uniti era bombardata con armi non convenzionali per cui fu trovato un nuovo aggettivo: “asimmetrico”. Era l’inizio della guerra asimmetrica.

Ondate di fumo e polvere, colonne di detriti e fiamme. E sul campo, quei giganti buoni, i vigili del fuoco di New York, molti con cognome italiano. Entravano nelle torri per salvare una vita per poi rientrare ancora nell’inferno, e poi ancora ed ancora, finché non scomparivano divorati. Il sindaco di New York Rudolf Giuliani, che adesso è agli arresti accusato di aver complottato con Donald Trump, era allora l’eroico comandante coperto di calce. Piccole figure umane volavano suicidandosi spinti fuori dalle finestre.
Rudolf Giuliani sembrò il perfetto futuro presidente e nacque il mito “del sindaco d’America”, che riecheggia in Italia. Col primo volo arrivai a Ground Zero: la voragine fumante dove prima erano le radici delle torri del Trade Center. I musulmani di New York tremarono quando fu chiaro che si trattava di un’impresa di estremisti islamici. Il presidente George Bush si precipitò nelle comunità islamiche fra Queens e l’aeroporto JFK per il rassicurare gli americani di origine araba e tutti i musulmani che l’America era la loro patria. Il giorno successivo ogni bottega, palazzo, taxi, grandi magazzini e mercati, venditori di hot dog specialmente quelli musulmani inalberavano bandiere a Stelle e strisce: erano straziati sia per l’orrore dell’accaduto, sia per il rischio di rappresaglie razziste. Ma la società multietnica tenne sicché arabi, ebrei, cristiani e atei si sostennero con braccia impolverate e vetro fra i denti. Ogni volta che visitavi Ground Zero, masticavo questo pulviscolo di vetro, carne umana, ferro, vento.

I nomi di Al Qaeda, l’organizzazione guidata da Osama Bin Laden, diventarono nomi infami e popolari proprio per la loro infamia. Bin Laden sarà ucciso per ordine del Presidente Barack Obama, fucilato in casa sua, ormai vecchio e malato. L’America attaccata prevede la “retribution” l’equivalente del biblico “Occhio per occhio. Dente per dente”.

Casa Bianca, Dipartimento di Stato e Pentagono rilasciarono dichiarazioni in cui si annunciava che il delitto dell’undici settembre 2001 avrebbe avuto conseguenze. Fu così che nacque l’idea di attaccare l’Iraq, uno “Stato canaglia” che aveva usato già più volte armi di distruzione di massa come i gas nervini sovietici durante i dieci lunghi anni di guerra scatenata contro l’Iran e aveva causato la morte i almeno ottomila civili nella piana di Bassora e fra le paludi in cui si nascondevano moltissimi bambini. Saddam Hussein era stato un dittatore già filosovietico (ma anche molto amico della Francia) proveniente dal partito nazional socialista arabo Baas, o Bath, che avevano preso il potere anche in Siria e che minacciavano gli sciiti e in particolare l’Iran.

Il governo iracheno era stato, prima di Saddam, apertamente filonazista durate la Seconda Guerra Mondiale. Il Gran Muftì di Gerusalemme, assiduo visitatore di Baghdad, faceva la spola con Berlino per fare accordi con Hitler per la cattura degli ebrei dl Medio Oriente. L’Iraq non c’entrava con l’attentato, ma era comunque un bersaglio accettabile visto che aveva già dovuto subire un intervento armato dell’Onu per aver invaso il piccolo ma ricchissimo Kuwait. La sera dell’Undici settembre, già trapelavano umori e malumori che indicavano l’Iraq come probabile bersaglio della retribution. Ground Zero diventò giorno dopo giorno un museo a cielo aperto e una chat-room, perché i cellulari di allora erano soltanto telefoni. La spianata si riempiva di fotografie e di fogli fissati con lo Scotch in cui si chiedeva: “Avete visto quest’uomo? È mio padre e non è più tornato dalle Twin Towers”. “Questi sono i miei due bambini, Mark e Louise, erano sulle Torri in gita scolastica”. Nelle foto, le future vittime erano tutte molto sorridenti come si è sempre nelle foto prima dei selfie.

Paolo Guzzanti

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