Intraprendere una seria riflessione sulla realtà del 41bis, abolire l’isolamento diurno e assumere tutte le misure necessarie per prevenire e accertare abusi e maltrattamenti in danno dei detenuti. Queste le raccomandazioni più rilevanti del Rapporto reso pubblico ieri dal Comitato europeo per la prevenzione della tortura (Cpt) a seguito della visita ispettiva svoltasi nel marzo scorso, che aveva come focus proprio le misure e le condizioni di isolamento nel nostro sistema penitenziario.
Con questo intento, il Cpt aveva visitato le carceri di Saluzzo, Biella, Opera e Viterbo, rilevando – come sempre – problemi specifici e criticità di ordine generale. Chi conosce il sistema penitenziario sa bene che le criticità sono molte, amplificate dal sovraffollamento ormai al livello di guardia (e il Cpt, seppure incidentalmente, lo rileva nelle premesse del suo Rapporto). E spesso le criticità dei singoli istituti evocano problemi di carattere generale. Talvolta, invece, sono tipiche della realtà locale e il Cpt non può che rilevarle. Così è stato per il carcere viterbese, dove il Cpt registra un numero di denunce di abusi e maltrattamenti significativamente più rilevante che negli altri istituti visitati e che sembra evidenziare peculiarità di quell’istituto, non a caso oggetto di ripetute segnalazioni all’autorità giudiziaria, anche da parte di chi scrive e del Garante nazionale delle persone private della libertà. Viceversa, di carattere generale sono i rilievi e le raccomandazioni del Comitato sui regimi di isolamento e, specificamente, sul 41bis.
Senza mezzi termini, il Comitato raccomanda all’Italia l’abolizione dell’isolamento diurno ancora previsto dal codice penale come pena accessoria dell’ergastolo e che costringe immotivatamente detenuti già lungamente provati a un’afflizione ulteriore e priva di alcun significato che non sia meramente vessatorio. Ma anche l’isolamento indotto dal regime di sorveglianza particolare, adottato ripetutamente anche per lunghi periodi di tempo, appare ingiustificato rispetto alle sue motivazioni, e il Comitato chiede che chi vi sia sottoposto possa godere di almeno due ore al giorno di contatti umani significativi. Nell’uno come nell’altro caso, l’isolamento assoluto può comportare gravi danni alla salute psico-fisica dei detenuti che contrastano con le norme nazionali e internazionali che vietano i trattamenti e le pene inumani o degradanti.
Inevitabilmente, all’esito di una visita ad hoc dedicata al monitoraggio delle forme di isolamento dei detenuti, il Comitato europeo per la prevenzione della tortura dedica una parte del suo Rapporto ancora al regime di massima sicurezza del 41bis. Non dimentichiamo, infatti, che la minima socialità che ora il 41bis prevede (due ore d’aria o in saletta) è il frutto di specifiche raccomandazioni rivolte in passato al regime del 41bis, quando si presentava come una forma di isolamento totale e assoluto. Riprendendo i rilievi del Garante nazionale delle persone private della libertà, il Comitato europeo sollecita una riflessione sul regime del 41bis. Non sulla sua legittimità in astratto, ma sulla sua applicazione in concreto. Come si sa, il 41bis è misura estrema volta a interrompere le relazioni di comando di pericolosi capi nei confronti delle organizzazioni criminali di appartenenza. Si tratta indubbiamente di un regime che può pregiudicare fondamentali della persona, a partire da quello alla salute. Conseguentemente, dice il Cpt, va usato nelle strette necessità, per il tempo strettamente necessario e nella misura strettamente necessaria.
Recentemente c’è voluta la Corte costituzionale per rimuovere il divieto di cottura dei cibi in 41bis, previsione priva di alcuna ragione di sicurezza e dunque esclusivamente afflittiva. Così ora il Cpt mette in dubbio che il rinnovo dei provvedimenti ministeriali di sottoposizione al 41bis (dopo i primi quattro, ogni due anni) siano sempre rigorosamente motivati, e anzi sembrano automatici nelle loro formulazioni standardizzate. Si arriva così ai casi limite di due detenuti con evidenti problemi di salute mentale su cui il Cpt chiede al Governo come possano essere considerati ancora capaci di comandare le organizzazioni criminali di originaria appartenenza.
C’è poi l’annoso problema del 41bis nel 41bis, le cosiddette “aree riservate”, cui sono destinati i capi più capi degli altri, in cui le condizioni di vita e di socialità sono ancora più gravi (stanze prive di adeguata luce naturale, socialità ridotta all’aria con una sola persona) e che tradiscono un uso evidentemente eccessivo del 41bis, al punto da dover prefigurare un regime ulteriormente speciale per i pericolosissimi, in un crescendo di superlativi e di privazioni che sembra non avere fine. Ma anche i 41bis ordinari soffrono di limitazioni giudicate eccessive dagli ispettori europei, come le telefonate (dieci minuti) alternate ai colloqui (un’ora al mese) o la socialità alternata all’aria. Al contrario il Cpt raccomanda che ciascun detenuto al 41bis possa avere almeno quattro ore, all’aria o all’interno della sezione, per svolgere attività significative con il suo gruppo di socialità. Non sono cose nuove: le aveva già scritte il Cpt in precedenti rapporti, le ha scritte il Garante nazionale e, nella passata legislatura, la Commissione per i diritti umani del Senato. Oggi, il Cpt ci dice che così non va: serve una seria riflessione sulla realtà del 41bis, sulla sua finalità e, dunque, sui suoi limiti.