LA STORIA
“5 anni di attesa per un risarcimento lo rendono inutile!” La rabbia di Giulia, sfigurata da un incidente e lasciata sola
C’è tanta rabbia e delusione nel racconti di Giulia Sansone, vittima di un grave incidente stradale nel 2015, e che ora da Terzigno lancia un appello affinché le istituzioni velocizzino i tempi per ottenere finalmente un risarcimento che le è stato già riconosciuto in sede legale. A seguito dell’incidente Giulia ha riportato danni permanenti in tutto il corpo, perdendo la cartilagine del naso e trovandosi con un braccio più lungo dell’altro. I problemi alle articolazioni non le hanno inoltre permesso di continuare a svolgere il suo lavoro in una mensa.
Sono già passati 5 anni dall’incidente, e la vicenda giudiziaria che ne è scaturita ha visto susseguirsi due giudici diversi, infinite visite di verifica e continui rimandi. Ora, con la seconda ondata della pandemia, la visita medica inizialmente fissata in questo periodo è stata rimandata a data da destinarsi. Chiama in causa temi quale “malasanità” o “malagiustizia” Giulia, nel pensare che i tempi biblici dei suoi procedimenti stanno praticamente rendendo vani i futuri risarcimenti.
“Ho dovuto subire svariate operazioni e il percorso è ancora lungo. Dopo anni di riabilitazione ho ancora molte difficoltà a respirare e certe volta perdo il controllo di un braccio. Le cure sono tante, e hanno un costo”. C’è poi un risvolto psicologico, che Giulia non nasconde, raccontandoci di come si sentisse bella e sicura del proprio aspetto prima dell’incidente, e di come invece sia stato difficile poi convivere con un naso diverso, che a parte i danni per la respirazione le comporta vergogna e frustrazione. “Sono in cura da uno psicologo, e spesso mi chiudo in me stessa, senza uscire. Lo facevo anche prima del Covid”. Impossibilitata a lavorare, Giulia si sostiene con il reddito di cittadinanza e con l’aiuto del figlio. “Il risarcimento servirebbe a garantirmi le cure adeguate e a non sprofondare nella povertà, ora che il mio corpo non mi permette di lavorare. Ma che senso ha riconoscermi un indennizzo per poi far passare tutti questi anni senza aiutarmi in nessun modo?”.
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