La riunione dei Brics a Johannesburg segna un passaggio particolarmente interessante per questa piattaforma politica. Brasile, Cina, India, Russia e Sudafrica giocano le loro rispettive sfide per ampliare la propria sfera d’influenza. E allo stesso tempo provare, insieme, a scalfire l’Occidente imponendo un’agenda “multilaterale”.

È proprio in Africa che possono vedersi le varie declinazioni di questi sviluppi geopolitici. Da una parte, è qui che i Brics possono lanciare la loro espansione. Diversi Paesi, da quelli del Corno d’Africa fino all’Algeria, hanno avviato le trattative per aderire al blocco. E questo rappresenterebbe la conferma della capacità di attrazione delle potenze esterne all’Occidente, in particolare Cina e Russia.

Ma d’altro canto, ogni potenza vuole anche rilanciare la propria agenda, fisiologicamente diversa rispetto a quella degli “alleati”. Tra porti, costruzioni, infrastrutture e telecomunicazioni, Pechino ha assunto un ruolo di primo piano nel continente. E non è un caso che proprio in Africa, e precisamente a Gibuti, il presidente Xi Jinping abbia voluto erigere la sua prima base militare all’estero.

La Russia, dal canto suo, ha da anni intrapreso una politica africana che cerca di strappare posizioni tanto all’Occidente quanto alla Cina, partner della ormai nota “alleanza senza limiti”. Le bandiere della Federazione Russa e il volto del presidente Vladimir Putin compaiono in quasi tutte le manifestazioni di accompagnamento ai vari golpe che hanno travolto il continente. E in questa destabilizzazione, Mosca è convinta di poter dire la sua puntando sui pilastri della sua diplomazia nella regione: armi, mercenari e accordi che vanno dal grano all’estrazione mineraria.

Non è un caso che il leader del Gruppo Wagner, Evgenij Prigozhin, sia riapparso su Telegram proprio nelle ore precedenti al vertice sudafricano e parlando da una non precisata località dell’Africa. “Stiamo lavorando. Temperatura oltre i 50 gradi. Tutto ciò che amiamo”, ha detto il capo dei mercenari russi nel filmato che circola in questi giorni. Prigozhin sottolinea nel video che i membri della sua compagnia privata stanno svolgendo un “lavoro di ricognizione e di ricerca” per rendere “la Russia grande in ogni continente” e “l’Africa ancora più libera”.

Un segnale interessante, a maggior ragione dopo che il golpe in Niger ha riacceso i riflettori sulle mosse della Wagner tanto nel Paese teatro del colpo di Stato quanto nel vicino Mali. Per Putin la Wagner è uno strumento ancora utile, che certifica quanto il caos, insieme agli errori commessi da Europa e Stati Uniti, aiutino la proiezione di Mosca.

Pechino osserva con attenzione, calcolando i rischi di un eccessivo contributo russo al caos – che certo non aiuta gli affari – ma anche le possibilità di inserimento in Paesi ricchi di materie prime e sempre meno legati all’Occidente. Mentre le due grandi potenze tentano di giocare la loro – più o meno convergente – partita africana, gli altri protagonisti dei Brics proseguono con le loro agende. Più lontano il Brasile, meno, ovviamente, il Sudafrica ma anche la stessa India.

Il presidente sudafricano Cyril Ramaphosa è da tempo in cerca di un ruolo nel gioco della politica mondiale, come si è visto anche con l’iniziativa di pace in Ucraina: velleitaria ma indicativa di un malcelato sogno di far parte dei “grandi”, confermato anche nell’ultimo discorso alla nazione in cui ha rimarcato il “non allineamento” del Sudafrica.

L’India, invece, prova a radicarsi in un continente che solo apparentemente le è distante. Da anni Nuova Delhi ha l’obiettivo di costruire una rete di partnership in Africa che possa scalfire lo strapotere cinese e allo stesso tempo creare un’area dove proiettare la sua forza economica in ascesa. “I Paesi Brics sono diventati una piattaforma per il Sud Globale” ha detto Narendra Modi, svelando come il suo scopo sia anche quello di guidare il blocco, sfruttandolo per evitare un eccessivo allineamento al rivale di sempre: la Cina di Xi.

Lorenzo Vita

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