L'unico modo per mettere in discussione un bipolarismo sempre più finto e virtuale
La lezione di Calenda, quando prevale il merito: perché in politica la priorità è il coraggio delle idee, non insulti e ammucchiate contro gli avversari

Il recente dibattito congressuale di Azione ha fatto registrare un salto di qualità sotto il versante politico e culturale. Con particolare riferimento all’intervento del segretario. Ora, di Calenda si possono dire molte cose. Ma certamente una non si può negare: è un politico coraggioso e anche coerente. Perché le sue opinioni, quelle in cui crede, le porta avanti a prescindere dai tatticismi, dalle furbizie e da ogni forma di trasformismo e opportunismo. E la conferma è arrivata, appunto, dall’organizzazione concreta del suo congresso nazionale dove ha prevalso il “merito” politico rispetto agli insulti, alle invettive, alle contumelie e alle polemiche gratuite e tardo-ideologiche. Cioè rispetto a quel caravanserraglio a cui ci ha abituato la politica italiana e, in particolare, l’opposizione delle tre sinistre unite. Quella radical-massimalista di Schlein, quella populista e demagogica dei 5 Stelle e quella estremista del trio Fratoianni-Bonelli-Salis.
Ma, senza soffermarsi ulteriormente su queste sinistre, la novità introdotta da Calenda – che in una democrazia appena normale sarebbe addirittura una non notizia – è che nel nostro Paese, forse, è ancora possibile costruire delle alleanze e delle coalizioni politiche e programmatiche senza farsi condizionare dalle pregiudiziali ideologiche, morali e pseudopolitiche. E questo Calenda ha cercato di farlo nella due giorni del congresso nazionale del suo partito. E lo stesso invito alla presidente del Consiglio, nonché a molti esponenti dell’ala riformista del Pd, rientra appunto in questa direzione.
L’elemento che merita di essere maggiormente sottolineato è che, oltre ad aver disegnato una vera e propria cultura di governo, Calenda ha anche evidenziato che il centro e, aggiungo, una politica di centro, non sono compatibili con chi coltiva e pratica una deriva populista, estremista e massimalista. Indicando, giustamente, nei partiti di Salvini e di Conte il bersaglio preferito. Al di là dell’estremismo ideologico e della maggioranza dem. E questa è oggi, ma soprattutto domani, la vera sfida politica per rilanciare una cultura di governo e un progetto autenticamente e credibilmente riformista.
Del resto, il centro di Forza Italia e il centro di Calenda possono e debbono svolgere un ruolo decisivo per dar voce e sostanza a un piano che da troppo tempo soffre per mancanza di rappresentanza politica nel nostro Paese. Si tratta di una categoria – quella del centro dinamico – e soprattutto di un progetto politico e di governo del tutto assenti nel cosiddetto campo largo e ancora poco incisivo all’interno della maggioranza di governo. Fuorché qualcuno pensi che l’arlecchinismo politico di Italia Viva assolva a quel compito.
Per queste ragioni, semplici ma essenziali, il metodo e il merito inaugurati da Calenda durante la celebrazione del suo congresso nazionale non vanno affatto sottovalutati né sminuiti. Perché quella era, e resta, la strada più seria e più accreditata per ridare nobiltà, serietà e autorevolezza alla politica da un lato, e per cercare di costruire – dall’altro – una prospettiva di governo che sia il più possibile fondata sulla coerenza e sulla omogeneità. Cioè, per capirci, senza avere una strutturale opposizione all’interno della stessa maggioranza che si va delineando di volta in volta. E questo, credo, è anche l’unico modo per mettere in discussione un bipolarismo che, forse, è sempre più finto e virtuale.
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