Osservatorio napoletano
“A Napoli più risorse per le politiche sociali”, parla Gilda Panico
«Un confronto sul programma politico per la gestione della città di Napoli per il prossimo quinquennio in merito alle politiche sociali e al ruolo del servizio sociale professionale è oggi indispensabile. Negli ultimi anni il turnover dei vari assessori, le problematiche legate al reddito di cittadinanza e alla grave pandemia Covid, hanno messo in grave difficoltà la realizzazione di adeguati progetti di supporto ai bisogni dei cittadini napoletani. Il Comune di Napoli ha 20 uffici di servizio sociale con una presenza in sottorganico di 6/7 unità e con un carico di lavoro elevato. Allo stato attuale risultano in servizio 169 assistenti sociali più 54 con contratto a termine per il reddito di cittadinanza. auguriamo che si possa attuare nella futura gestione il target di un assistente sociale ogni 5mila abitanti». Gilda Panico, presidente del Consiglio dell’Ordine degli assistenti sociali della Regione Campania, punta l’accento sulle croniche criticità, sulle carenze di organico, sulla mancanza di investimenti adeguati per una città complessa come Napoli.
Per anni ragioni di bugdet sono state le motivazioni per giustificare vuoti di organico e carenze varie. Con il Piano nazionale di ripresa e resilienza si può sperare in un piano di finanziamenti mirati nell’ambito delle politiche sociali?
«Il Pnrr ha previsto fondi per le assunzioni di assistenti sociali e sui territori si stanno adeguando ma c’è ancora tanto da fare. Nel piano nazionale di fondi destinati alle varie regioni il Sud ha purtroppo un ruolo di Cenerentola e la presidente della quinta commissione Siola ha presentato un’interrogazione proprio per porre la questione a livello nazionale e far comprendere le difficoltà ad assumere personale e attuare programmi uguali alle altre regioni senza avere le stesse risorse delle altre regioni ».
Più di un anno fa l’Ordine regionale degli assistenti sociali da lei presieduto lanciò una campagna, “Da nessuno ad uno a cinquemila”, una mobilitazione per portare l’attenzione sui vuoti negli organici nel settore dell’assistenza sociale e segnalare le preoccupazioni per una condizione che minacciava di precipitare con i nuovi pensionamenti e nessun turnover. Adesso com’è la situazione?
«Quella campagna è stata riconosciuta anche a livello nazionale ma siamo ancora molto lontani dall’obiettivo di un assistente sociale ogni cinquemila abitanti. Il Comune di Napoli dovrebbe assumere a breve 40 unità selezionate con il concorsone Formez, ma per rispettare il rapporto di uno a cinquemila a Napoli ci vorrebbero altri 400 assistenti sociali. Basta calcolare che la città conta quasi un milione di abitanti».
Napoli è una città complessa sotto molti aspetti: è la città delle grandi sfide e delle croniche carenze, della continua emergenza, dell’insicurezza diffusa. Come la vive dal suo osservatorio di presidente degli assistenti sociali della regione?
«Come avrebbe detto Eduardo De Filippo, nella sua Filomena Marturano, ai problemi vecchi si sono messi i nuovi. Ci sono irrisolti problemi legati alla disoccupazione diffusa, ai servizi che mancano, alle criticità annose e ci sono bisogni sommersi che andrebbero affrontati diversamente. A cominciare dalla dispersione scolastica, perché la scuola viene vista come un peso conseguenza di un obbligo che viene imposto e non come opportunità di crescita e di istruzione. Ci sono ancora famiglie in cui la scuola viene vista come qualcosa di inutile o addirittura come un qualcosa di avverso, tanto da scartarla per le figlie femmine. In queste realtà il lavoro dell’assistente sociale è molto complesso e andrebbe supportato con una rete istituzionale più presente e meglio organizzata e più punti di ascolto».
La cronaca ci ha dimostrato che quello degli assistenti sociali può essere anche un lavoro pericoloso. Non sono rari i casi di aggressioni.
«C’è poca sicurezza sui posti di lavoro, le strutture non sono sempre adeguate alla ricezione dell’utenza e i luoghi non sono conformi a quello che prevede la legge. Non ci sono norme di protezione e sicurezza e gli assistenti sociali, specialmente negli uffici di frontiera, nei quartieri più difficili della città, sono stati spesso oggetto di aggressioni da parte di utenti esasperati perché manca un presidio di vigilanza».
Ambiente e sostenibilità quanto contano nel lavoro dell’assistente sociale?
«Moltissimo. Di recente abbiamo promosso un convegno con Legambiente e Libera per la rigenerazione dei territori e la sostenibilità. Ci hanno chiesto cosa avesse a che fare con gli assistenti sociali. Noi riteniamo che siano collegati. L’ambiente in cui si vive condiziona molto l’aspetto sociale. Noi assistenti sociali siamo agenti di mutamento, la nostra funzione è ascoltare il bisogno della persona, far prendere coscienza della situazione e guidare la persona verso la soluzione perché migliori la sua condizione di vita. E in tutto questo l’ambiente in cui si vive ha un ruolo fondamentale. Non bisogna dimenticare che ci sono territori che sono abbandonati da anni, dove il degrado è diffuso, dove le famiglie vivono in casermoni costruiti con la 219 e dove avrebbero dovuto esserci anche centri sociali e una serie di servizi che non sono mai stati garantiti o che sono cadute in uno stato di abbandono».
Vuoti negli organici, ambienti degradati, sicurezza che non c’è, retaggi culturali, mancanza di fondi, criticità strutturali: l’elenco delle cose che non funzionano come dovrebbero in città è lungo. Ora Napoli ha un nuovo sindaco. Cosa si aspetta dalla nuova amministrazione cittadina?
«Spesso segnaliamo situazioni di disagio che ci fanno pensare di essere tornati indietro agli anni Ottanta. Bisogna attivarsi per risolvere i problemi evitando che si trascinino ancora per anni. Al nuovo sindaco chiediamo di ascoltare i colleghi che si occupano del servizio sociale e di conoscere i loro reali bisogni per mettere in campo sinergie efficienti».
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