Il caso
“A processo Ciro Grillo e i tre amici”, la richiesta della procura di Tempio Pausania

La procura di Tempio Pausania ha chiesto il rinvio a giudizio per Ciro Grillo – figlio del garante M5S Beppe – e i suoi tre amici Francesco Corsiglia, Edoardo Capitta e Vittorio Lauria, tutti genovesi di 22 anni, nell’ambito dell’inchiesta sulla presunta violenza sessuale di gruppo nei confronti di una ragazza italo norvegese. I fatti risalgono al 17 luglio 2019 e sarebbero avvenuti nell’abitazione di Grillo a Porto Cervo.
L’udienza preliminare è stata fissata per il 25 giugno. Poco prima, presagendo evidentemente l’epilogo delle indagini, era stato lo stesso figlio di Grillo a richiedere una ennesima occasione per rendere spontanee dichiarazioni ed era stato interrogato dai Carabinieri di Genova. Come confermato all’Adnkronos da ambienti giudiziari, il procuratore capo di Tempio Pausania, Gregorio Capasso, che coordina l’indagine, ha delegato il locale Comando dell’Arma a raccogliere le dichiarazioni di Ciro Grillo, coimputato di violenza di gruppo con i suoi tre amici. Era stato proprio Ciro, attraverso il suo legale, Enrico Grillo, a chiedere di essere risentito una terza volta. Altri due indagati nel caso della presunta violenza sessuale hanno, invece, rinunciato a essere interrogati ancora una volta, come avevano chiesto alla Procura dopo la chiusura delle indagini. Il tentativo in extremis non ha sortito l’effetto desiderato, ed è arrivata la richiesta di rinvio a giudizio. Per Grillo, Lauria e Capitta c’è anche l’accusa di violenza sessuale nei confronti dell’amica della studentessa per una serie di foto hard scattate mentre lei dormiva.
L’epilogo della vicenda, atteso da settimane, segna ventuno mesi di lungaggini sulle quali già molte sono state le voci polemiche. Le prime indagini vennero svolte dai Carabinieri nel mese di settembre 2019, quando furono anche sequestrati i cellulari degli indagati; il caso è rimasto però fuori dai riflettori fino all’inusitato video con cui Beppe Grillo lo ha rilanciato: «Arrestate me, piuttosto: mio figlio e i suoi amici sono solo quattro coglioni con il pisello di fuori», aveva gridato molto sopra le righe, avventurandosi ad argomentare che la ragazza non avrebbe detto la verità per aver denunciato otto giorni dopo la presunta violenza. Numerose trasmissioni di inchiesta ed approfondimento hanno messo in luce la sommarietà dei primi passaggi investigativi e la lentezza nell’incardinare il procedimento penale. Si attende la reazione del garante dei Cinque Stelle; le fibrillazioni familiari gli hanno sconsigliato, nell’ultimo mese, apparizioni e dichiarazioni pubbliche.
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