Inizierà il mese prossimo, con un ciclo di audizioni, l’iter in Commissione giustizia al Senato del Ddl sulla riforma penale preparato dal Guardasigilli Carlo Nordio. Giulia Bongiorno (Lega), presidente della Commissione e relatrice del provvedimento, prima della pausa estiva ha svolto la relazione introduttiva.
Uno dei punti maggiormente sensibili è l’abolizione dell’abuso d’ufficio, reato da sempre oggetto di scontro fra toghe e politica.
Nei mesi scorsi il deputo Enrico Costa, responsabile giustizia di Azione, ha presentato al tal riguardo un dossier con le storie di ben 150 sindaci ingiustamente indagati o processati per abuso d’ufficio e poi assolti.

“Dobbiamo far uscire dal circuito penalistico questo reato”, ha sottolineato Costa che all’inizio della legislatura ha anche presentato una proposta per la depenalizzazione dell’abuso d’ufficio prevedendo una sanzione amministrativa che può aggirarsi tra i mille e 15mila euro.
“La cosa migliore – ha aggiunto – è l’abrogazione per fare un passo avanti per tornare ad essere un Paese civile ed efficiente”.
Nel mirino di Costa, in particolare, quello che si potrebbe definire ‘l’abuso dell’abuso d’ufficio”, un utilizzo strumentale della denuncia per fare opposizione. “Tanti sedicenti garantisti, quando siedono in Consiglio comunale – e si trovano all’opposizione – usano l’esposto in Procura anziché l’interrogazione. Così facendo sperano che un pm invii un avviso di garanzia al sindaco, del quale sono pronti a reclamare le dimissioni”, ricorda Costa.
“Molto spesso è colpa della politica, che mette in moto la macchina della magistratura. E passando per le conferenze stampa si arriva spesso alla gogna, che a volte devasta la vita di amministratori innocenti”, aggiunge il deputato di Azione.

Tanti i casi, come detto, di sindaci ed assessori, citati da Costa.
Ad esempio, Marco Zambuto, ex sindaco di Agrigento che, dimissionario perché indagato per abuso d’ufficio, è stato successivamente assolto, ma impossibilitato a tornare in carica.
Non mancano episodi clamorosi come quello di un assessore finito sotto indagine solo per aver consultato i libri nell’archivio storico del Comune, con il semplice fine di fare ricerca per un’opera letteraria.
Quando è stato ministro per gli Affari regionali, Costa aveva istituito una Commissione, presieduta proprio da Nordio, con l’obiettivo di studiare il tema dell’abuso d’ufficio e i suoi effetti. La conclusione dell’attuale ministro della Giustizia era stata che l’articolo 323 del codice penale è irriformabile, “perché il problema non è la condanna che non arriva mai, è il fango, l’indagine, l’inchiesta, il processo. Anche solo a modificarlo non cambierebbe niente”.
“So che Nordio continua a pensarla allo stesso modo”, ha aggiunto Costa, augurandosi però che non ci siano ‘inciampi’ sul cammino della riforma.
L’ostacolo più grande, infatti, è la pressione che i Pm stanno esercitando da settimane contro questa riforma che darebbe il via, a loro dire, ad una giustizia “forte con i deboli e debole con i forti”, di fatto un ritorno addirittura a “pre Mani pulite”, prefigurando scenari di illegalità diffusa ed impunità.

Teoricamente non dovrebbero però esserci problemi per l’approvazione della riforma in quanto tutti i partiti della maggioranza sono a favore dell’abolizione dell’abuso d’ufficio.
Forza Italia, ad esempio, ha presentato con Pietro Pittalis una proposta in tale senso e Matteo Salvini non perde occasione per ricordare che l’abuso d’ufficio ingessa il Paese. “Ci sono 8mila sindaci bloccati che non firmano nulla per paura di essere indagati”, ripete spesso il leader della Lega.
Di modifiche l’abuso d’ufficio ne ha comunque avute tante.
La norma è stata modifica nel 1990, nel 1997 e nel 2020.
Nel 2012 la legge Severino ne ha inasprito di un anno il trattamento sanzionatorio, inizialmente da sei mesi a tre anni di prigione, con aumenti nei casi di rilevante gravità.
L’ultima modifica, in particolare, ha limitato il reato alle sole regole che non implicano l’esercizio di un potere discrezionale, escludendo che la violazione di una specifica ed espressa regola di condotta, caratterizzata da margini di discrezionalità, possa integrare un abuso d’ufficio penalmente rilevante.
Modifiche che a causa di una giurisprudenza quanto mai variabile non hanno mai soddisfatto gli amministratori pubblici i quali, per evitare di rimanere invischiati anni in una aula di tribunale, si trincerano nella “paura della firma” con uno stallo generalizzato.

Per il presidente dell’Anci Antonio De Caro (Pd) “non cerchiamo l’impunità ma sono troppi i rischi penali e civili”.
“L’Italia è un Paese che ha 200mila leggi, decine di migliaia di regolamenti di attuazione, decine di migliaia di altre regole applicative delle leggi approvate. Ha un tasso di cambiamento vertiginoso che si aggiunge all’inflazione legislativa”, ha affermato il presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca (Pd), più volte indagato proprio per abuso d’ufficio.
“Bisogna mettersi nei panni – ha aggiunto De Luca – di un dirigente di un ufficio appalti di un Ente pubblico e cercate di capire come sia possibile muoversi in questo ginepraio, nel quale il reato di abuso d’ufficio diventa uno di quelli che io chiamo inevitabili”.
Contraria all’abolizione del reato, invece, la segretaria Elly Schlein.