La campagna mediatica contro la proposta del Guardasigilli
Abuso d’ufficio, niente abolizione: passa la linea Travaglio-Pm

L’abolizione del reato di abuso d’ufficio è naufragata. Dopo settimane di campagna mediatica martellante portata avanti in particolare dal Fatto Quotidiano e dai pm, Lega e Fratelli d’Italia hanno deciso di fare ‘marcia indietro’ sulla proposta del ministro della Giustizia Carlo Nordio di cancellarlo. “Ritengo opportuno un intervento legislativo diretto a tipizzare ulteriormente in maniera più precisa possibile la condotta dell’abuso, ma non credo che sia auspicabile l’abrogazione”, ha affermato la leghista Giulia Bongiorno, presidente della Commissione giustizia del Senato.
Secondo la plenipotenziaria di Matteo Salvini in materia di giustizia, nonché suo avvocato di fiducia, l’abolizione del reato di abuso d’ufficio lascerebbe “scoperte ipotesi di strumentalizzazione a danno della pubblica amministrazione”, determinando il paradosso di una “riespansione di reati puniti più gravemente: per colpire reati d’abuso si rischierebbe di dover far ricorso a fattispecie come la ‘turbata libertà degli incanti’ o il ‘peculato per distrazione’”. Sulla stessa scia il sottosegretario alla Giustizia in quota Fd’I Andrea Del Mastro secondo il quale il reato di abuso d’ufficio deve essere “modificato ma non abolito”. Per uscire dall’impasse il Guardasigilli ha organizzato ieri una riunione a via Arenula dove è passata la linea Travaglio/pm. Si tratta dell’ennesima modifica nel giro di pochi anni. La norma era stata modificata nel 1990, nel 1997 e da ultimo nel 2020. Nel 2012 la legge Severino, poi, ne ha inasprito di un anno il trattamento sanzionatorio, inizialmente “da sei mesi a tre anni”.
L’ultima modifica, in particolare, limita il reato alle sole regole che non implicano l’esercizio di un potere discrezionale, escludendo quindi che la violazione di una specifica ed espressa regola di condotta, caratterizzata da margini di discrezionalità, possa integrare un abuso d’ufficio penalmente rilevante. Lo stop è uno smacco per l’Anci, da sempre in prima linea per la sua abolizione. “Le parole di Nordio ci fanno ben sperare rispetto alla risoluzione di un problema annoso che i sindaci denunciano da tempo e che non ha trovato la giusta attenzione del Parlamento e del governo”, aveva detto nelle scorse settimane Antonio Decaro, sindaco dem di Bari e presidente dell’Anci. Durissimo ieri il suo vicepresidente Roberto Pella, parlamentare di Forza Italia e sindaco di Valdengo che, insieme ai colleghi Alessandro Cattaneo e Pietro Pittalis aveva anche presentato una proposta per ’neutralizzarne’ gli effetti. “I dati parlano chiaro: solo il 3 percento dei procedimenti diventano condanne. Ma la nostra condanna di amministratori comincia da subito, con la sola notizia dell’indagine”, ha detto Pella che aveva anche fatto parte della delegazione di amministratori ricevuta da Nordio e dal vice ministro Francesco Paolo Sisto.
“Del resto – prosegue Pella – come ha perfettamente sintetizzato il presidente della Repubblica all’ultima assemblea Anci, “sarebbe una sconfitta per la democrazia”, se si facesse strada l’idea che l’esercizio delle funzioni di sindaco, oltre a essere faticoso, è così gravato da rischi da giungere quasi all’impraticabilità”. Il vicepresidente dell’Anci ha sottolineato che il 75 percento dei comuni italiani (6mila su 8mila comuni) ha meno di 5mila abitanti ed “è evidente che la maggior parte di quei sindaci non sono amministratori a tempo pieno, né esperti di diritto. Sono proprio loro i più esposti al rischio di trovarsi indagati”.
Pella ha citato il caso della sindaca di Crema, indagata dopo che un bimbo si schiacciò il dito in una porta dell’asilo. “Per lei è poi arrivata l’archiviazione e sono moltissimi i casi come questo. Per questo, a nostro parere urge l’abrogazione del reato d’abuso ufficio. E questa è una considerazione condivisa dalla stragrande maggioranza dei sindaci, indipendentemente dalla propria appartenenza politica”. A fagli eco Pierantonio Zanettin, capogruppo di Forza Italia in Commissione giustizia alla Camera, secondo cui sarebbe auspicabile che “tutte le forze Parlamentari mettessero mano all’abuso d’ufficio per una riforma condivisa”.
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