In tre anni di pandemia gli Italiani hanno imparato a convivere con mascherine e divieti. Ora, anche l’ultimo baluardo delle regole anticovid potrebbe essere eliminata: il 30 aprile infatti scade l’obbligo di indossare la mascherina in tutte le strutture sanitarie, ospedali, ambulatori e studi medici. Se il Ministero della Salute non deciderà diversamente si potrà dire finalmente addio alle regole e alle costrizioni anti covid. Secondo quanto riportato dal Mattino, il Governo Meloni avrebbe prorogato l’obbligo a fine mese e a 2 settimane dalla scadenza ma si rilette ora sull’opportunità di mantenerlo. Al ministero della Salute nei prossimi giorni si deciderà se rinnovare l’obbligo, se farlo decadere completamente o se ammorbidirlo – e sarebbe questo l’orientamento più forte – in certe aree, lasciando l’uso del dispositivi di protezione personale, secondo quanto si apprende, dove ci sono i pazienti più fragili come gli immunodepressi o gli anziani nelle Rsa.

Sul tavolo anche l’ipotesi di lasciare la scelta ai direttori sanitari e bisognerà analizzare anche la situazione epidemiologica. Ma la linea sembra propendere verso una scelta più morbida. Il sottosegretario alla Salute Marcello Gemmato aveva invitato di recente a non avere un approccio “ideologico” e gli esperti . Il dibattito sul da farsi è acceso: “Mi auguro non si prolunghi l’obbligo di mascherina nelle strutture sanitarie, anche se, in situazioni dove è consigliata e opportuna, continuerò a utilizzarla e chiedere agli altri di farlo. Dobbiamo però uscire dalla dimensione dell’obbligo, è il momento di trattare il Sars-Cov-2 come altri virus simili. Farlo avrebbe ricadute positive su molti aspetti che appesantiscono l’organizzazione ospedaliera, legati ad esempio ai tamponi”, ha detto all’ANSA Matteo Bassetti, direttore della Clinica Malattie Infettive Ospedale Policlinico San Martino di Genova e presidente della Società Italiana di Terapia Antinfettiva (Sita).

“Naturalmente – prosegue Bassetti – continuerò a utilizzare la mascherina in ospedale se entro nella stanza di un immunodepresso o se sono a contatto con una persona potenzialmente infetta, così come lo facevo anche prima dell’obbligo di mascherine introdotto nel 2020 per frenare la diffusione del Sars-Cov-2. E chiederò di farlo anche a chi lavora con me e ai familiari che intendono andare a trovare questi pazienti”. Metterlo però sul piano dell’obbligo ora “non ha senso perché il Sars-Cov-2 non è più grave, oggi, rispetto a altri virus respiratori“. Lo stop all’obbligo di mascherina, prosegue, “è un modo per tornare alla normalità su altri aspetti strettamente connessi, come il doppio percorso che hanno in ospedale i positivi al Sars-Cov-2, pur se asintomatici ma anche il tampone che viene richiesto per accedere ai pronto soccorso, per il ricovero, per una visita medica. Sono scelte – conclude – che sono in capo alle strutture sanitarie ma non sono più legate alla tutela dei pazienti, che anzi vanno incontro a complicazioni, bensì a proteggersi da eventuali denunce”.

“Personalmente ritengo che l’obbligo di mascherina in ospedale e negli ambienti sanitari vada mantenuto ovunque. In subordine, in ambito ospedaliero l’obbligo potrebbe essere circoscritto solo a reparti dove sono ricoverati pazienti fragili, immunodepressi e a rischio di infezioni. E in altri contesti, ad esempio ambulatori affollati con lunghe attese, per contenere la circolazione di patogeni, in particolare durante la stagione influenzale”, spiega invece Nino Cartabellotta, presidente di Fondazione Gimbe. Nelle ultime settimana alcuni paesi hanno già deciso di eliminare l’obbligo e lo scorso 6 aprile questa decisione è stato adottata in Portogallo.

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Laureata in Filosofia, classe 1990, è appassionata di politica e tecnologia. È innamorata di Napoli di cui cerca di raccontare le mille sfaccettature, raccontando le storie delle persone, cercando di rimanere distante dagli stereotipi.