Secondo il ministro Urso il caro benzina non esiste. Anzi, “depurati dalle accise, sono i prezzi industriali più bassi rispetto ai grandi attori europei, rispetto alla Spagna, alla Germania, alla Francia”. Depurati dalle accise, appunto. Ma quelle, per il ministro del Made in Italy del governo di centrodestra, non si toccano: come un Peppe Provenzano di Fdl.

“Le accise non le togliamo perché sono servite a finanziare il duplice taglio del cuneo fiscale e servono anche ad alimentare i salari bassi. Consiglio a tutti di rifornirsi con il self service che ovviamente ha un prezzo più basso”. Ci serviva Adolfo Urso per farci sapere che al self service il pieno costa meno, ma soprattutto che non c’è bisogno di Provenzano all’opposizione per dire che ci sono tasse buone (anche se piatte).

E che a differenza di quanto pensava Giorgia Meloni, le tasse buone sono proprio le accise sulla benzina (in Italia il 57 per cento di un litro di benzina, la seconda percentuale più alta dell’Ue dietro solo alla Finlandia). Ma se come ha detto il ministro le accise servono ad alimentare i salari bassi, bisognerebbe avvisare Landini e Calenda che hanno trovato un alleato: Adolfo Urss. Che come Provenzano è pure nemico delle multinazionali: “Noi vogliamo valorizzare chi agisce nel nostro Paese e semmai frenare e contrastare le grandi multinazionali, certamente anche Uber”, ha detto ieri uscendo dalla riunione con Salvini e i tassisti, che è andata malissimo. Urso gli ha promesso incentivi per comprare taxi elettrici, ma i tassisti hanno abbandonato il tavolo chiedendo di parlare direttamente con Meloni: “Non si sa nemmeno se la Ue ci consentirà come è stato paventato di ricevere contributi doppi rispetto ai privati per la transizione energetica”, ha detto Marco Verzari, segretario nazionale della Uilt.

Nel frattempo Urso come un ministro del Venezuela pensa di abbassare il caro benzina costringendo i distributori ad appendere il prezzo medio e suggerendo ai consumatori, dopo aver fatto self service, di segnalare i prezzi alti sul sito del Mimit. I benzinai sono su tutte le furie, ma per tenerseli buoni Urso – dopo averli accusati di speculazioni – gli promette che ridurrà le licenze delle colonnine. Cosi dopo la fila ai taxi faremo anche la fila alle pompe.

Ma c’è anche il caro voli, e così Adolfo Urso – dopo essersela presa con le multinazionali, proprio come Provenzano e Landini – se la prende anche con l’algoritmo: “Abbiamo potuto verificare che l’algoritmo crea una distorsione di mercato, determinato da una tecnologia delle app con cui le compagnie aeree riescono ad aggiustare i prezzi, ovvero se uno guarda la stessa tratta più volte il prezzo che vede rispetto ad un’altra persona va aumentando perché si capisce che c’è interesse”. “L’algoritmo – ha spiegato Urso – non solo si adatta secondo la richiesta ma per giunta lascia liberi dei posti per un’asta finale e questa è una distorsione che sarà censurata, resa impossibile da una norma che metteremo nel prossimo decreto legge”.

A convincere Urso che il caro voli è colpa dell’algoritmo è stato Pierluigi De Palma, il dalemiano che grazie alla “ditta” dopo aver perso le amministrative a Grottaglie (a proposito, ieri il Cnr ha detto che non va bene per i voli suborbitali da cui Emiliano voleva lanciare le borrate a km zero) è stato nominato presidente Enac. E come un dalemiano qualunque ora Urso vorrebbe impedire alle compagnie aeree di fare offerte last minute. Ma lo sa Urso che il primo a farlo è lo Stato? Ha mai acquistato un viaggio dal sito Trenitalia o Ita? L’odio per le multinazionali Urso l’ha dichiarato anche contro Whirlpool, Jindal, la Golden power in ogni minestra, e da mesi dice di voler cacciare “la multinazionale indiana ArcelorMittal da Ilva”, fermato da Meloni che ha affidato il dossier a Fitto proprio per salvaguardare l’investimento privato.

Ma Adolfo Urss non si ferma a taxi, voli, benzina, lavatrici e acciaio di stato. Ora vuole calmierare anche il carrello della spesa: “Con questo paniere calmierato di beni a largo consumo, alimentari non alimentari, soprattutto prodotti per l’infanzia e per l’igiene, pensiamo di dare il colpo decisivo all’inflazione riconducendola a livelli naturali”.

Come in Russia, Adolfo vuole decidere il prezzo della spesa. Peccato che questo protocollo di cui parla, su base volontaria, valido per un trimestre da ottobre a dicembre, prevede solo – per chi aderisce – di mostrare un bollino tricolore (sennò che ministero dal made in Italy è) nelle campagne pubblicitarie dei prodotti che le aziende inseriranno volontariamente nell’iniziativa. Ma l’industria si è già tirata fuori, e nonostante l’annuncio di Urso probabilmente non se ne farà niente.

Ma abbiamo il ministro del made in Italy che impone alle imprese la forza dello stato stratega: nelle interviste a rotta di colla funziona benissimo. La prima a non poterne più è Giorgia Meloni. Che a settembre potrebbe togliere il Provenzano di Fdl dal ministero del Made in Italy e ripristinare il ministero dello sviluppo.

Annarita Digiorgio

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