Tacchi e vestiti dai colori accesi. L’hijab che non copre il volto e una voce che rompe il silenzio, quello imposto. Dopo tre giorni di protesta di un piccolo gruppo di donne in diverse città afghane, come Herat e Kabul, è arrivata la dura risposta dei talebani.

Ieri decine di donne sono scese nelle strade della capitale afghana, Kabul, circondando il palazzo presidenziale conquistato dai talebani il 15 agosto. Brandivano cartelli per rivendicare diritti e libertà, di cui hanno goduto – talvolta parzialmente – per vent’anni. Intonavano cori per dire no alla repressione liberticida degli studenti coranici. Questa volta però i talebani non hanno tollerato la manifestazione. Prima gli avvertimenti, poi i gas lacrimogeni e infine colpi di kalashnikov in aria e calci e pugni. Questi non hanno risparmiato nemmeno l’attivista Rabia Sadat, catturata dalle telecamere della rete locale Tolonews con il volto insanguinato. Ma la sua determinazione non si ferma e si dice pronta a tornare in strada per manifestare.

Attesa per il nuovo governo

I talebani dicono che in pochi giorni sarà insediato il nuovo governo, ma non è ancora pronta la squadra dell’esecutivo che dovrebbe guidare il nuovo Emirato islamico. Segno delle divisioni intestine tra le diverse fazioni dei talebani. Le spaccature si sono allargate da quando sul piatto c’è la spartizione del potere, dello status e di posti ministeriali. Da una parte l’area riconducibile a Abdul Ghani Baradar, cui probabilmente spetterà un ruolo centrale proprio perché rappresenta il volto diplomatico in grado di colloquiare con gli americani e stipulare l’accordo di Doha; dall’altra la fazione degli Haqqani, i talebani dell’est più oltranzisti e conservatori, capaci di ottenere posizioni di potere in poco tempo. Al centro la resistenza del Panjshir, la piccola regione guidata da Ahmad Mossud, figlio del leggendario Leone del Panjshir, Ahmed Shah Massod, che non è ancora sotto il controllo dei talebani. Ma qualcosa sta cambiando. Dopo giorni di lotta civile, i combattenti islamici stanno penetrando in profondità nella valle del Panjshir, la cui conquista era stata festeggiata prematuramente dai talebani.

Crisi umanitaria nel Panjshir

La resistenza guidata da Mossud fatica a tenere le proprie posizioni, mentre molti fuggono dai villaggi, innescando una potenziale crisi umanitaria. E’ la denuncia dell’ex vicepresidente afghano Amrullah Saleh, che rivendica il ruolo di capo di Stato ad interim e che si è unito alla resistenza nella regione. In un comunicato, Saleh ha lanciato l’appello per 250mila sfollati nel Panjshir, causati dall’avanzata dei talebani, e che stanno vivendo in rifugi di fortuna, in moschee, all’aperto o in centri sanitari che hanno ormai superato la loro capienza. E chiede l’intervento della comunità internazionale: “Abbiamo bisogno di cibo, ripari, acqua e materiale sanitario. Ci appelliamo alla comunità internazionale, all’Onu, alla Croce Rossa, alle ong perché rispondano in modo generoso all’enorme crisi in corso“.

La regione settentrionale risponde all’offensiva dei talebani. Ma non con il successo sperato. Fino a ieri i distretti caduti nelle mani degli studenti del Corano erano almeno quattro. Poco si sa della loro avanzata. L’unica certezza è che sono arrivati fino al villaggio di Anabah, a 25 km dall’ingresso meridionale della valle del Panshir, che è lunga 115 km. Ad Anabah sorge l’ospedale di Emergency che sembra proseguire con la sua attività.

L’ambasciata italiana si sposta in Qatar

Da Doha, in Qatar, il ministro degli Esteri Luigi Di Maio ha affermato che un riconoscimento del futuro governo talebano è molto improbabile. Il titolare della Farnesina, ricevuto questa mattina dall’emiro Tamim bin Hamad Al Thani e dal responsabile della diplomazia e vicepremier del paese del Golfo, Mohammed bin Abdulrahman Al Thani, ha discusso gli ultimi sviluppi relativi alla crisi in Afghanistan. Ringraziando per il supporto del Qatar nel garantire un transito sicuro dall’Afghanistan e fornire assistenza umanitaria, Di Maio preme sull’importanza di proseguire la lotta contro il terrorismo, che minaccia la sicurezza dell’Afghanistan e di tutta l’Ue.
Luigi Di Maio, prima di partire per il Pakistan, la prossima tappa della sua missione nella regione, ha annunciato l’intenzione di spostare l’ambasciata italiana che era a Kabul a Doha, “come ufficio diplomatico per continuare a seguire la crisi afghana”. L’accordo è giunto dopo avere incontrato tra gli l’altri l’Emiro e il ministro degli Esteri del Qatar. Ora Di Maio vola verso Islamabad.
“Mi sto recando in queste ore in Pakistan dopo essere stato in Qatar per incontrare i miei omologhi e poter costruire insieme un percorso comune per proteggere la popolazione civile e per aumentare le iniziative di contrasto al terrorismo anche attraverso una maggiore sinergia tra le nostre intelligence”, ha detto il ministro degli Esteri.

Attacco in Pakistan

Preoccupa la situazione nel vicino Pakistan. Questa mattina sono morte almeno tre membri delle forze paramilitari pachistane e ci sono stati venti feriti a seguito di un attacco suicida, rivendicato dai talebani pachistani del Tehrik-e-Taliban Pakistan (Ttp), non lontano dal confine afghano a un posto di blocco a Quetta, nel Beluchistan, nell’ovest del Pakistan. L’attentatore ha preso di mira le guardie di frontiera nel quartiere di Mian Ghundi della citta’, vicino al confine con l’Afghanistan, dove i mercanti sciiti hazara commerciavano verdure.