Investire nell’area dell’ex Manifattura Tabacchi dove sarebbe previsto sia il polo Agritech promesso dal governo Conte sia il polo della sostenibilità ambientale della Regione e dell’università Federico II. E poi bisogna lavorare per recuperare la risorsa mare che nella zona orientale di Napoli è praticamente inaccessibile, oltre che far decollare la Città metropolitana. Ecco come si rilancia la zona di Napoli Est, un tempo punto di riferimento numerose imprese e oggi protagonista di un drammatico processo di deindustrializzazione con gravi conseguenze in termini di crollo del pil cittadino e regionale, dell’occupazione e dell’appeal di una zona che è sempre più terra di nessuno.

L’ultimo colpo mortale alla desertificazione industriale di Napoli Est è stata la chiusura dello stabilimento Whirlpool di Via Argine: 359 operai licenziati e l’ultima grande multinazionale che lascia l’area orientale della città. «La chiusura di quella fabbrica è solo il punto finale di un processo iniziato con la prima crisi petrolifera del 1973 – spiega l’ex deputato Aldo Cennamo – È da quell’anno che partono i processi di deindustrializzazione dell’area Napoli Est, zona che è stata strategica per lo sviluppo della città se si considera che lì erano impiegati 30mila lavoratori, con una presenza industriale diversificata in tanti settori». Secondo Cennamo, il punto di partenza per rilanciare l’area orientale di Napoli dovrà essere la realizzazione della Città metropolitana: «Non possiamo più leggere lo sviluppo di Napoli rinchiusi nei nostri limitatissimi confini – spiega l’ex deputato – Basti pensare che Napoli e provincia rappresentano poco più dell’8% dell’intero territorio regionale. Dobbiamo guardare alla città del futuro considerando che i programmi e le ipotesi di sviluppo, se non inseriti in una dimensione metropolitana e poi regionale, sono destinati a fallire».

Per questo è importante realizzare progetti di ampio respiro. «L’università punta molto sull’ex Manifattura Tabacchi – sottolinea Edoardo Cosenza, presidente dell’Ordine degli ingegneri di Napoli e tra i promotori dell’Apple Accademy di San Giovanni a Teduccio – L’idea è quella di creare un polo nazionale Agritech, quindi destinato alle tecnologie agro–alimentari. Lì ci giochiamo una partita importantissima: agricoltura e cibo sono asset strategici fondamentali per lo sviluppo di tutto il territorio». Poi c’è da rivalutare il mare che in quella zona della città è di fatto off-limits. «Nell’area dell’ex depuratore si potrebbe realizzare un parco sul mare – suggerisce Cosenza – collegando tutto il litorale con una pista ciclo–pedonale: è indispensabile che Comune, Regione e Governo lavorino insieme».

In realtà, le istituzioni locali avevano già avuto la possibilità di fare qualcosa, in collaborazione con i privati, per rilanciare Napoli Est e renderla attrattiva anche agli occhi degli investitori esteri. «Anni fa lanciammo Naplest – racconta Ambrogio Prezioso, past president degli industriali partenopei – Si trattava di una forma di cooperazione tra imprenditori decisi a rilanciare l’area orientale».  Ebbene, qual è stato l’epilogo? «Alcuni progetti sono stati realizzati – spiega Prezioso – Penso a via Galileo Ferraris, al alcuni tratti di via Gianturco o ai lotti in via Brin. Molti altri, però, non hanno visto la luce a causa di ritardi della pubblica amministrazione e dell’eccesso di burocrazia, anche se è bene sottolineare che il responsabile principale del “non fatto” è il Comune: mancano i tecnici negli uffici comunali, Palazzo San Giacomo è indebitato e tutto ciò ha contribuito a far sì che solo il 30% degli interventi previsti venisse realizzato». Ecco perché bisogna cambiare radicalmente il modus operandi delle istituzioni locali che si perdono tra lungaggini e indifferenza, ma anche cambiare mentalità.

«Noi napoletani – aggiunge Cennamo – difendiamo ormai quel che poco che rimane. Sindacati e lavoratori stanno conducendo una lotta eroica, ma non riusciamo a mettere in campo un’iniziativa per lo sviluppo della realtà produttiva». E il dramma di Napoli è raccontato in maniera magistrale in un libro di Aldo Masullo. «Ci specchiamo narcisisticamente contemplando l’ingannevole bellezza di questa città – dice Cennamo, citando il grande filosofo – ma la città è ferma e non si trasforme». Poi l’appello a tutti i candidati sindaci: «Assegnate alla città una nuova missione – conclude l’ex deputato – e spiegate in che modo intendete seguirla: solo così Napoli potrà uscire dalla morta gora in cui si trova adesso».

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Giornalista napoletana, classe 1992. Vive tra Napoli e Roma, si occupa di politica e giustizia con lo sguardo di chi crede che il garantismo sia il principio principe.