Il passaggio di consegne a viale Romania fra i generali Giovanni Nistri e Teo Luzi è fissato per il prossimo 16 gennaio. A differenza del passato, sarà un evento molto sobrio. La pandemia non consente grandi cerimonie. Come anticipato circa due mesi fa dal Riformista, la scelta del nuovo comandante generale dell’Arma non ha riservato sorprese: il Consiglio dei ministri della scorsa settimana ha votato in maniera compatta per Luzi.

Il ministro della Difesa Lorenzo Guerini (Pd), a cui spetta l’onere di proporre la nomina al governo, aveva da tempo deciso di puntare sul giovane generale romagnolo. Pochissime chance avevano gli altri candidati, anche se più anziani di grado, come il generale Gaetano Maruccia.

Il giorno prima della nomina, un articolo del Fatto Quotidiano aveva poi affossato le residue speranze di quest’ultimo, ricordando che era stato anni addietro uno dei più stretti collaboratori dell’allora comandante generale Tullio Del Sette, finito impigliato, con l’accusa di rivelazione del segreto, nel gorgo senza fine dell’indagine Consip. Uno dei procedimenti giudiziari più seguiti dal quotidiano di Marco Travaglio. Nella partita delle nomine dei vertici degli apparati di sicurezza del Paese si conferma, dunque, ancora una volta il ruolo di top player del Partito democratico. In particolare nella scelta dei vertici dei carabinieri. Il predecessore di Luzi, Giovanni Nistri, era stato fortemente voluto da Dario Franceschini, e su Del Sette era stato determinante il gradimento di Matteo Renzi, all’epoca segretario dei dem.

Negli equilibri interni alla maggioranza giallorossa, il M5s ha deciso invece di puntare sui vertici dei Servizi segreti. Per il generale Angelo Agovino, inizialmente un altro candidato alla nomina a comandante dell’Arma, con l’appoggio del compaesano Luigi Di Maio, è pronta la poltrona di capo dell’Aise, l’agenzia interna. Un incarico di grande prestigio e molto ben remunerato. Teoricamente la nomina di Luzi è in “continuità” con la gestione Nistri, essendo stato egli il suo capo di stato maggiore. Una gestione caratterizzata da scandali assortiti, vedasi la “narco caserma” di Piacenza, i depistaggi sull’omicidio di Stefano Cucchi che, come affermato dal pm Stefano Musarò, sarebbero continuati anche a dibattimento iniziato, la lunga serie di carabinieri coinvolti in episodi di spaccio di stupefacenti o in reati contro il patrimonio.

Non sarà, quindi, un compito facile per Luzi. L’Arma del 2021 è segnata da un profondo malessere ed è precipitata in tutte le classifiche sul gradimento e la fiducia da parte dei cittadini. Senza contare il triste fenomeno dei suicidi fra i suoi appartenenti.

Fra le cause di questo malessere diffuso un ruolo importante lo ha avuto la minore azione di controllo da parte degli ufficiali sul personale. Molti ufficiali sono demotivati e senza stimoli. Attualmente gli ufficiali si dividono in due categorie: chi è destinato a fare carriera e chi no. A differenza dei cugini della polizia, nell’Arma vige un sistema che ricorda molto da vicino quello induista con la suddivisione in caste. Chi si classifica per primo all’accademia ha la certezza, se non incappa in qualche pm, di diventare generale. Chi arriva nelle retrovie, rimarrà sempre nelle retrovie. Anche se cattura Totò Riina, vedasi il capitano Ultimo, alias Sergio De Caprio, che ha terminato la propria carriera da colonnello.

Con l’avvento di Luzi ci saranno, come sempre, riposizionamenti nello staff del Comando generale. Il nuovo braccio destro di Luzi sarà quasi certamente il generale Mario Cinque. Capo ufficio del comandante sarà il colonnello Biagio Storniolo. Un incarico importante dovrebbe averlo, come anticipato nei giorni scorsi da Emanuele Fittipaldi su Domani, la maggiore Gerardina Corona.

Quest’ultima si era già messa in evidenza da tenente quando Vittorio Tommasone comandava il provinciale di Roma. Per poi conquistarsi, divenuta comandante della compagnia di Varese, la stima dell’allora capo dei carabinieri della Lombardia Luzi. Ed infine i sindacati interni. Il rapporto con Luzi non è stato negli anni agevole. Molto criticata era stata una sua circolare con cui si mettevano ferrei paletti all’utilizzo dei social network da parte dei carabinieri. Una circolare definita “bavaglio” che i sindacati sperano venga quanto prima abrogata.