L’esito del voto tedesco dovrebbe costituire in Italia materia di riflessione e per iniziative a livello europeo. Appare scontato che, quale che sia la formazione che si costituirà per il nuovo Governo, dopo prevedibili lunghi negoziati , “semaforo” (Spd, Verdi e Liberali) o “Giamaica” (Cdu, Verdi e Liberali), il partito del liberale Christian Lindner aspira a ricoprire la carica fondamentale di ministro delle Finanze, a suo tempo ricoperta dal “falco” Wolfgang Schaeuble della Cdu e, da ultimo, da Olaf Scholz, il vincitore, per la Spd, delle elezioni e probabile nuovo premier.

Le posizioni dei Liberali, in particolare in economia, sono note: no a una Unione europea dei debiti (quasi una riproposizione del debito come “schuld”, colpa); no alla messa in comune dei rischi bancari con l’assicurazione europea dei depositi; non grande distanza dalla dura critica da parte di aree della Cdu-Csu nei confronti della Bce per le operazioni non convenzionali di politica monetaria; rigorosa attuazione, nell’Unione, del Patto di stabilità, una volta cessata, a partire dal 2023, la sospensione decisa per il covid; ripristino, nel bilancio nazionale, del “freno al debito” sospeso nella pandemia. Insomma, è una strategia di austerity, quella che viene sostenuta, quasi una riproposizione della linea del “deficit zero”, come se le crisi nulla avessero insegnato: l’opposto delle misure economiche e sociali prospettate da Scholz nella campagna elettorale che hanno consentito alla Spd di risalire la china ed affermarsi, nella competizione, come primo partito.

È ovvio che queste posizioni, se prevarrà la scelta della soluzione “semaforo”, dovranno essere mediate adeguatamente, mentre non vi dovrebbero essere problemi, per i tre partiti, per la politica estera e di sicurezza, nonché per le politiche riguardanti l’ambiente, il clima e, più in generale, la transizione ecologica. Diversamente, cioè, se si dovessero assumere “in toto” le posizioni dei Liberali, pur trattandosi del quarto partito, si arriverebbe al paradosso che, per poter affermare le proprie posizioni, sia strategico ottenere un consenso minore, ma che dia a una formazione politica un enorme potere di coalizione: sarebbe, però, un traviamento della democrazia. Le stesse osservazioni valgono pure per l’ipotesi “Giamaica”, anche se la distanza tra liberali e Cdu – Csu sulle materie anzidette risulta minore. In sostanza, assai più facile per Scholz sarà stilare un programma comune con i Verdi rispetto, invece, alle difficoltà della convergenza con i Liberali che, alla fine, la si potrà conseguire magari per i rischi di scelte alternative, quali addirittura una Grosse Koalition, Spd – Cdu, che oggi, però, è esclusa da entrambi questi due partiti.

Insomma, il “punctum dolens” è l’economia. Le posizioni iniziali potrebbero essere un tentativo di “quadratura del cerchio”, ma l’obiettivo della stabilità – insieme con la tutela del risparmio che potrebbe essere danneggiata dall’instabilità – cruciale per i tedeschi, finirà per favorire il conseguimento delle necessarie convergenze. Ma, in Italia (e negli altri Paesi dell’Unione che non condividono il ripristino di politiche di austerità) sanno bene delle posizioni europeiste di Scholz e della sua distanza dall’austerity. Ma, come si è detto, ciò non basta per operare le necessarie riforme delle politiche e delle regole a livello europeo, a cominciare dalla revisione del Patto di stabilità e/o degli accordi intergovernativi “Six Pack”, “Two pack” e “Fiscal compact”, nonché dalla disciplina del divieto di aiuti di Stato, per non parlare della normativa e degli assetti istituzionali in materia bancaria.

Ecco perché è necessario che il Governo abbia una proposta precisa su questi temi e su di essa operi per conseguire le imprescindibili convergenze nell’Unione. Non si può attendere la vicinanza al momento in cui cesserà, con la fine del 2022, la sospensione del Patto di stabilità, per avanzare una ipotesi riformatrice. Tra le tante conseguenze, istituzionali, politiche, comportamentali che si possono trarre dal voto tedesco – alcune senz’altro apprezzabili, altre meno – è in primo piano la campana che suona per il Governo (e il Parlamento) perché si attrezzi adeguatamente, non essendo sufficiente la credibilità di cui godono diversi suoi componenti a cominciare da Draghi, come del resto, si è verificato per la nomina del Presidente dell’Autorità dei mercati, l’Esma, carica per la quale l’organismo interno all’Authority aveva proposto l’italiano Carmine Di Noia da tutti stimato e, invece, a livello europeo è stata decisa la nomina di una tedesca, Verena Ross. Prestigio, autorevolezza e credibilità hanno sempre bisogno della prova dei fatti, diversamente restano vuote considerazioni.