“Incitazione alla violenza contro le istituzioni degli Stati Uniti”. A questa accusa è chiamato a rispondere Donald Trump nel processo per impeachment che inizia oggi al Senato. L’ex presidente, che ha già fatto sapere che non si lascerà interrogare dai membri del Campidoglio, torna al centro della scena americana pur da grande assente. Nel documento redatto dalla Camera dei rappresentanti gli viene imputato di aver aizzato i manifestanti contro Capitol Hill lo scorso 6 gennaio.
“Ha amplificato a più riprese le bugie sulla presunta frode elettorale – si legge –cercando di convincere i propri sostenitori di essere vittime di un gigantesco complotto che minacciava l’esistenza del Paese”, costringendo all’evacuazione di deputati e senatori e causando disordini che in totale sono costati la vita a 5 persone.
Gli avvocati del tycoon parlano di un “teatro politico” messo in scena contro Trump, e provano a scardinare la tesi dell’accusa su due punti. Il primo è quello della legittimità di un processo per impeachment contro qualcuno che non ricopre più alcuna carica pubblica, l’altro riguarda la libertà di espressione garantita dal Primo Emendamento. La tesi della difesa è che Trump credesse davvero di “aver vinto le elezioni con una larga maggioranza” e che quindi fosse suo diritto “esprimere la convinzione che i risultati elettorali fossero sospetti”.
Inoltre, gli avvocati dell’ex presidente ritengono che le sue parole non fossero in realtà indirizzate a sollevare un’insurrezione come quella di gennaio. Tesi respinta dall’avvocato di Jacob Chansley, meglio noto come “lo sciamano di QAnon” che assaltò Capitol Hill vestito da vichingo e che si è difeso in tribunale lanciando la palla nel campo del tycoon: “Il presidente ha una responsabilità? Al diavolo, certo che ce l’ha”.
Una ferita ancora aperta nella democrazia americana che i democratici non vogliono lasciare impunita per dare un messaggio anche a chi occuperà in futuro la Casa Bianca. Inoltre, una condanna da parte del Senato significherebbe l’interdizione perenne da qualsiasi carica pubblica. Ma la mossa rischia di riabilitare la figura di Trump, visto anche l’esito del processo che appare sempre più indirizzato verso l’assoluzione. Al tycoon basta avere dalla sua parte 34 dei 50 senatori repubblicani, e già in 45 hanno affermato di sostenere la tesi della sua difesa.
Il neo-eletto presidente Biden ha glissato sul dibattimento, cercando di prenderne le distanze per concentrarsi maggiormente sugli affari correnti del paese. “Non ha neanche il tempo per seguire il processo in tv”, ha fatto sapere la portavoce della Casa Bianca Jen Psaki. La strategia del democratico è semplice: chiudere in fretta la questione e respingere Trump nel dimenticatoio tornando a parlare di temi sociali e climatici. Anche per questo motivo ha chiesto ai suoi di non portare testimoni al dibattimento. La cosa infatti allungherebbe i tempi e viene ritenuta anche superflua: sono gli stessi giudici-senatori i primi testimoni di quanto avvenuto lo scorso 6 gennaio.