Ieri è morto a novant’anni, “serenamente, dopo una lunga malattia”, Alberto Arbasino. Sembra la sua ultima arguzia, un annuncio così composto e tradizionale in un momento in cui molti novantenni muoiono travolti dalla disordinata tempesta di un virus, nello scomposto cordoglio della politica e dei media.

Arbasino si era inventato, fin dalla metà degli anni Cinquanta con Le piccole vacanze, una scrittura bassa e di conversazione che non aveva precedenti in Italia; il modello era inglese, oltre a stili italiani anomali come quelli di Irene Brin o di Isaia Ascoli. Un’apparente svagatezza che era sprezzatura, un umorismo canagliesco e irriverente, un progressivo amore per il camp. La sua frivolezza era una formazione di difesa nei confronti di una ferita narcisistica rintracciabile sia nell’Anonimo lombardo che in Fratelli d’Italia.

Quest’ultimo rimane uno dei migliori romanzi italiani della seconda metà del Novecento: epico ritratto dell’Italia del boom, dell’Autostrada del Sole (su cui già correva la spider della Bella di Lodi). La ribalda epigrafe del romanzo, deformando Massimo D’Azeglio («l’Italia è fatta, è ora di farsi gli italiani»), ha aiutato molti giovani omosessuali a venire a patti col proprio senso di colpa. Curioso e snob, ferocemente aggiornato, ha visitato mostre e visto ovunque spettacoli teatrali; ha scritto versi svincolati da qualunque birignao lirico.

Nemico della retorica, ha avuto formazione giuridica e di scienze politiche; è stato deputato per una legislatura (per il Partito Repubblicano) ma il suo vero impegno emerge piuttosto da un libro come Un paese senza (1980): irata e ironica requisitoria contro i vizi italiani di sempre, ma anche contro i nuovi miti: quello per esempio della “metallurgia wagnero-mirafior-marxista”, cioè vacuamente operaista, mentre il Pil italiano già poggiava sulle esportazioni dei prodotti di lusso («delle Borsette e dei Golfini»). Un realismo da ultimo erede dell’illuminismo lombardo dei Parini e dei Verri, nascosto sotto una maschera di eleganza e di understatement.