Alessandro e i bulli, la distanza tra vita reale e vita virtuale: “L’allarme è suonato e non possiamo far finta di nulla”

Alessandro, le minacce dei bulli, le offese ricevute in chat, il suicidio. La sua ex fidanzatina, gli amici bulli, l’indagine per istigazione al suicidio. Gragnano, i genitori increduli, il lutto cittadino.
Da qualunque prospettiva la si guardi, questa storia mette i brividi. Superata l’eco mediatica, che ovviamente si nutre dei particolari che trapelano giorno dopo giorno, resta un senso di impotenza. Cosa possiamo fare per questi ragazzi? Viene da chiedersi. Cosa si può fare per i bulli, che hanno dai tredici ai diciassette/diciotto anni e si trovano ora a fare i conti con le conseguenze gravissime dei loro comportamenti (ammesso che la ricostruzione investigativa, basata finora su quanto raccolto dalle chat dei ragazzi, trovi riscontro e conferma: istigazione al suicidio è l’ipotesi di reato).

Cosa si può fare per i bambini o i ragazzi come Alessandro, quelli presi di mira e schiacciati da offese e minacce continue. Cosa si può fare per i genitori, che puntualmente cadono dalle nuvole di fronte a fatti come questo, siano essi i genitori della vittima o dei bulli. Cosa possiamo fare tutti noi? Forse iniziare a prendere consapevolezza che non basta avere dimestichezza con le impostazioni e le app di uno smartphone, e soprattutto che non basta che l’abbiano i nostri ragazzi.

Forse prendere atto che ci siamo catapultati, e soprattutto catapultiamo ragazzi e bambini, in un mondo che ancora stiamo imparando a conoscere, e ci vorrebbe quindi molta più cautela. Un mondo social che può avere mille insidie, tanto più gravi quanto più si è giovani o inesperti. Regaliamo ai ragazzi smartphone, cover, cuffie e ciao. Ci illudiamo che basti poi controllare di tanto in tanto le loro chat per sentirci a posto.

Ci illudiamo che basti che i ragazzi sappiano usare account e app, senza spiegare loro quali pericoli si possono nascondere in quell’universo così smisurato a cui si accede con click. E forse non lo spieghiamo perché neanche noi lo sappiamo bene. Quanta distanza c’è tra vita reale e vita virtuale? E quanta distanza ci sfugge ogni volta che un ragazzo si interfaccia con il mondo del web, dei social, della realtà “virtuale”? La storia di Alessandro questa distanza la azzera, la riduce. E manda in frantumi anche una serie di false certezze che ogni genitore si dà quando regala al proprio figlio smartphone e connessione facile. A Gragnano è il giorno del lutto cittadino, della tristezza, dello stupore, di quel senso di impotenza di cui dicevamo prima.

«Abbiamo assistito ancora una volta a una tragedia che continua a lasciarci senza parole. Siamo tutti sconvolti, emotivamente e moralmente. La morte di un ragazzo che si stava appena affacciando alla vita è sempre innaturale e crudele, quando ad essa sono legati moventi dettati dalla violenza verbale e psicologica da parte di altri adolescenti e giovanissimi ci rendiamo conto che l’allarme è suonato e non possiamo far finta di nulla», dice monsignor Francesco Alfano, vescovo di Castellammare. «Nessuno può lavarsi le mani – aggiunge –. Cerchiamo di capire senza giudicare, di sostenere e non additare. Serve un’educazione sentimentale che offra ai giovani nuovi modelli, servono percorsi formativi e figure professionali specializzate nella relazione con l’altro capaci di mediare, accompagnare e intuire».