Prima di uccidere con 37 coltellate la fidanzata incinta di sette mesi Giulia Tramontano, Alessandro Impagnatiello era pienamente capace di intendere e di volere. A dirlo è la perizia disposta a carico del 31enne  e realizzata dallo psichiatra forense Pietro Ciliberti e dal medico legale Gabriele Rocca, i quali specificano l’assenza di elementi validi a ritenere “che al momento del fatto trovino applicazione i requisiti psichiatrici per ritenere un vizio di mente parziale o totale”. L’accusa su Impagnatiello resta quella di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione, dalla crudeltà, dai futili motivi e dall’aver ucciso la convivente, di interruzione di gravidanza non consensuale e di occultamento di cadavere, e in assenza di problematiche psichiche si delineano concretamente i presupposti dell’ergastolo.

Impagnatiello: “Non penso di essere pazzo”

Lo scorso 10 giugno l’ex barman aveva dichiarato in aula: “Ho voluto credere di essere pazzo, ma non penso di esserlo. Ero un vaso completamente saturo di bugie e di menzogne. A maggio invece aveva raccontato in aula la sua versione dei fatti. “Ho conosciuto Giulia sui social nel gennaio 2021, era ancora la fase di pieno Covid. Iniziammo a parlare senza impegno, poi mi chiese di incontrarci e iniziammo a vederci. A marzo inizò la nostra relazione, a novembre andammo a vivere insieme”, ma nel frattempo, Alessandro aveva intrapreso una storia con un’altra donna: “Incontrai A. nell’estate 2022, con Giulia che inizò a sospettarne nell’ottobre 2022. Quando Giulia mi disse di aspettare un bambino iniziò per me una fase confusionaria di stati d’animo”, precisò.  Raccontava così di aver portato avanti una doppia vita, di aver falsificato il test del Dna per far credere all’amante di non essere il padre del bimbo di cui era incinta Giulia confermando che la loro storia sarebbe finita, e che Giulia sarebbe tornata a Napoli.

I tentativi di occultare il cadavere

Dopo il terribile omicidio, aveva raccontato i dettagli del tentativo di occultare il corpo: “Preso dalla  follia, tentai di dare fuoco al corpo di Giulia – aveva spiegato -, utilizzando prodotti infiammabili per fare le pulizie, nella vasca da bagno. Gettai benzina e liquido infiammabile sul corpo di Giulias enza mirare a una ferita in particolare. Non ero in me”. Raccontava anche di aver gettato assieme ai documenti in un tombino adiacente al Mc Donald’s, mentre nella sua ricostruzione non torna ancora la versione del tappeto, e del divano, sui quali non sono state trovate macchie di sangue. “Io non ho coperto il divano o qualsiasi altra parte dell’appartamento. Ho pulito tutta casa, con un panno bagnato, usando uno sgrassatore. Il tappeto non c’era perché Giulia lo aveva lavato nella nostra lavatrice ed era steso”. Eppure la sua assenza è uno degli elementi dell’accusa per contestare la premeditazione. Parla poi dello spostamento del cadavere tra box e cantina. Fino all’episodio del 30 maggio: “Andai a pranzo da mia mamma, avevo il corpo di Giulia a bordo (della macchina, ndr)”.

La requisitoria dei pm nel processo milanese si terrà in un’udienza a novembre, dopo che la perizia verrà discussa il prossimo 21 ottobre.

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