Per Alessandro Zan la legge che portava il suo nome “è stata stritolata da logiche politicistiche e tattiche parlamentari funzionali ad altre partite. Prima di tutte quella del Quirinale. Forza Italia con questo voto ha fatto le prove tecniche per le elezioni del Quirinale” previste nel 2022. Il ddl contro l’omotransfobia è stato infatti affossato a Palazzo Madama dalla “tagliola” proposta da Lega e Fratelli d’Italia. Il voto a scrutinio segreto: 154 sì, 131 no e 2 astenuti. Almeno 16-17 senatori del fronte teoricamente a favore del ddl – e quindi tra Partito Democratico, Movimento 5 Stelle e Italia Viva – l’hanno bocciato. Così, il firmatario, non se l’aspettava.
Dopo mesi di scontri, e l’approvazione alla Camera dell’anno scorso, il ddl non potrà più essere messo in calendario per sei mesi al Senato contando i tempi necessari all’approvazione della legge di Bilancio e altre questioni, come la campagna elettorale che inevitabilmente comincerà anche se la legislatura dovesse arrivare a scadenza naturale nel 2023. Ma Zan insiste in un’intervista a Il Corriere della Sera a dirsi “ottimista” per “la consapevolezza che questi due anni di lavoro hanno rafforzato nel nostro Paese una coscienza sull’importanza dei diritti. Di quanto questi diritti facciano bene alla società” e anche perché “il nostro Paese è molto più avanti della sua classe politica”.
E il deputato di Padova se la prende soprattutto con Italia Viva, il partito dell’ex Presidente del Consiglio Matteo Renzi: “Italia viva si è messa flirtare con il centrodestra, con la Lega. Dopo che c’è stato il cambio ed è arrivato il governo di Draghi il partito di Renzi si è messo in testa di voler essere l’ago della bilancia del Senato. Ma forse non si sono resi conto di cosa stavano facendo”. Ovvero, a detta del firmatario, avvicinarsi a un partito che asseconda sirene sovraniste come quelle che animano l’Ungheria e la Polonia.
Zan paragona le parole di Davide Faraone, presidente di Italia Viva al Senato, a quelle del segretario del Carroccio Matteo Salvini e a quelle del capogruppo leghista Massimiliano Romeo. “Quelli di Italia Viva di dicevano che dovevamo mediare con la Lega. Ma come si fa a mediare con un partito che da quando il ddl Zan è arrivato al Senato non ha fatto altro se non cercare di affossarlo“. Già lo scorso luglio, tuttavia, il voto palese sul testo di legge in Senato aveva dimostrato che i numeri non c’erano: era stata ottenuta la maggioranza di un solo voto.
Cestinati quindi due anni di dibattiti e hashtag e post su ogni social. Falliti i compromessi sugli articoli – i più contestati – 1, 4 e 7. Polverizzato il vantaggio di almeno 8-10 voti previsto dal Pd. Un “inguacchio” secondo il segretario dem Enrico Letta. “Pagina non bella della nostra storia”, secondo il leader del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte. Renzi, dall’Arabia Saudita, si difende e rimanda le accuse a “40 franchi tiratori” tra Pd e M5s. Per Salvini punita “l’arroganza” di Letta e dei grillini: “Si dovrà ora ripartire dalle proposte della Lega”.