L'Intervista
Alfa, l’outsider di Sanremo: “Vai, stare fermi non è un’opzione. Il successo mi fa molta paura, non voglio perdermi”
“Ora sono più consapevole, ma che ansia gareggiare con i big. La musica è stata la mia rivalsa sociale. Basta con la tossicità dei numeri: la vita vera è altro. A Sanremo per rivolgermi alla GenZ”
Esponente della Generazione Z, lontano dall’egocentrismo e sensibile a quella che reputata la vera rivoluzione del momento: l’amore in senso universale. Umile e con i piedi ben piantati a terra, ma nei fatti Andrea De Filippi – in arte Alfa – è un outsider che all’ormai imminente Festival di Sanremo 2024 si presenta tra due fuochi: la responsabilità di gareggiare tra i big e la necessità di lasciare spazio alla crescita personale piuttosto che a un approccio tossico e ultra competitivo. Sul palco dell’Ariston non sarà solo: verrà accompagnato da un bagaglio di esperienze (e numeri) che, considerati i suoi soli 23 anni, è certamente motivo di orgoglio. Porta l’esempio della sua esperienza per spronare i ragazzi, invitandoli a farsi strada con lo slogan che non a caso è il titolo del brano che porta in gara: Vai!. Gli obiettivi sono ben scolpiti: mostrarsi più consapevole, raccontare l’amore vissuto da spettatore, mantenersi lontano dall’ossessione per la logica dei numeri. E soprattutto restare originale, libero e normale nonostante il successo, fonte di paura.
Quale Alfa dobbiamo aspettarci a Sanremo? Un giovane sicuro o un esordiente ansioso?
«Spero che passi l’immagine di un Alfa più consapevole, rispetto allo scorso anno di Sanremo Giovani sicuramente sono molto più consapevole. Avrò comunque lo stesso spirito, non mi sono mai fatto scrivere praticamente niente. Il fil rouge c’è».
Che effetto fa gareggiare tra i big?
«Sicuramente è motivo d’ansia, un po’ mi fa strano. Ad esempio da bambino con mia mamma ho visto Fiorella Mannoia e oggi ci gareggio, questa cosa è molto strana. La vivo come un banco di prova: devo dimostrare di essere all’altezza di questa occasione».
Vai! È un brano motivazionale, di ottimismo. Da ragazzino sei stato vittima di bullismo e hai alzato la testa grazie alla musica. Credi che la musica ancora oggi possa ricoprire una funzione sociale?
«Assolutamente sì. Ho sempre detto che la musica è il mio migliore amico, è la mia valvola di sfogo, è un modo per elaborare le cose. Per me è questa la musica, ma in generale qualunque passione ti muova un po’ quel fuoco dentro. Le devo molto perché è stata una rivalsa sociale ma non solo: è un grande aiuto emotivo per me scrivere canzoni. Infatti non pubblico tutte le canzoni che scrivo, alcune le scrivo solo giusto per me».
Nella serata delle cover e dei duetti ti esibirai al fianco di Roberto Vecchioni con Sogna, ragazzo, sogna. Era il tuo desiderio nel cassetto fin da subito o l’idea è arrivata con il passare dei giorni?
«È arrivata con il passare dei giorni semplicemente perché questo pezzo con questo artista era proprio fuori dall’orizzonte dei miei pensieri, non pensavo di poter arrivare a così tanto. La musica di Vecchioni mi accompagna da sempre, da mio padre che la cantava ai karaoke nei villaggi turistici. Farà strano cantare con lui ma per me è un onore gigantesco, è uno dei giganti della musica italiana».
Ci sarà un rito scaramantico a cui ti affiderai prima di salire sul palco di Sanremo?
«Sì, ce l’ho, ma se te lo dicessi perderebbe tutta la potenza e quindi lo tengo segreto. Sono molto scaramantico (ride, ndr)».
Che messaggio desideri lanciare dal Festival verso la Generazione Z?
«La cosa che vorrei che passasse da questo mio Festival è il concetto che porto: vai! So che fa paura. Siamo una generazione con pochi punti di riferimento, però stare fermi non è un’opzione. Io alla fine non ho mai fatto un talent, vengo dal mondo dei social e arrivare a Sanremo per me è frutto di anni di andare anche se non si sa dove, anche se cadi, anche se sbandi. Però vai ché da qualche parte finisci».
Nel tuo prossimo album Non so chi ha creato il mondo ma so che era innamorato, in uscita il 16 febbraio, il tema centrale sarà l’amore. Come hai sviluppato l’argomento nei diversi brani?
«Non è autobiografico. È un amore che ho visto nei libri, nei film, ascoltando le storie dei miei amici, origliando in metro il vicino che telefonava. È un amore vissuto da spettatore. Parla di quella sensazione che provi quando l’amore non lo stai vivendo tu ma lo vedi e ne intuisci la forza. Una coppia che si bacia per strada, un nonno che accompagna il nipote… Quanto è forte quella sensazione anche se tu in quel momento non la stai vivendo, la stai solo capendo».
Da fine febbraio viaggerai per l’Italia con il tuo primo tour nei palazzetti, un banco di prova importante a soli 23 anni. Senti il peso della responsabilità?
«Oggi non li vedo ancora semplicemente perché c’è Sanremo di mezzo e se sono più in ansia per il Festival è perché è più vicino. Mi fa molto piacere che il Forum di Assago sia già sold out a prescindere da Sanremo, questo mi ha rincuorato molto. Il mio pubblico c’è a prescindere dal Festival. Stiamo preparando lo show più bello della mia carriera perché comunque sono i primi palazzetti. Puoi farne uno o tanti, dipende da quanto sei bravo sul palco. Noi spacchiamo!».
Puoi già vantare collaborazioni con Annalisa, Rosa Chemical e Tecla, giusto per citarne alcune. A ottobre 2022 hai aperto il concerto di Francesco Gabbani al Mediolanum Forum di Assago. Prossimi obiettivi?
«A livello di collaborazioni pochi perché oggi è tutto un mondo feat, mentre mi piacerebbe concentrarmi sul mio percorso da solista senza collaborare. Invece mi piacerebbe scrivere canzoni per altri nei prossimi mesi e nei prossimi anni».
Tra dischi d’oro e di platino già certificati, un ragazzo così giovane che approccio ha nei confronti della logica dei numeri? Credi che sia il vero metro di giudizio per un artista?
«No, oggi più che mai c’è tanta tossicità attorno al numero. L’unico numero che conta è quello dei concerti live, quante persone hai sotto il palco. Quella è una cosa reale; tutto il resto a volte è bello, a volte è brutto, a volte è adrenalinico ma devi farci poco conto perché effettivamente non è la vita vera».
Hai paura del successo?
«Ho molta paura perché ho visto persone perdersi, essere compromesse emotivamente e socialmente. Scrivo canzoni che piacciono probabilmente perché sono una persona normale: sono un normale 23enne senza passato criminale, ho storie di strada. Se perdessi quella componente perché il successo non ti permette di vivere per strada avrei un problema, infatti la mia libertà e la mia normalità cerco di preservarle al massimo».
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