Le due operazioni segrete, il rapporto con il suo infermiere personale, Massimiliano Strappetti, che considerava “quasi un figlio”, il salvataggio dell’ospedale Fatebenefratelli per non farlo cadere in mani private, e le ultime ore di vita di Papa Francesco che aveva già sorpreso i sanitari durante le settimane di ricovero al policlinico Gemelli dove “una notte erano state già avviate la procedure che poi abbiamo fatto lunedì scorso dopo il decesso”.

A parlare è Sergio Alfieri, primario di chirurgia oncologica addominale del policlinico Gemelli e chirurgo personale di Papa Francesco, conosciuto nel 2018. Intervistato sia da Corriere che da Repubblica, il medico racconta il rapporto privilegiato che aveva costruito con Bergoglio e gli ultimi giorni del pontefice che il mercoledì prima di Pasqua aveva voluto incontrare i circa 70 sanitari che lo avevano assistito durante il lungo ricovero al Gemelli, tra il 14 febbraio e il 23 marzo, per ringraziarli.

Alfieri e le operazioni segrete del Papa: “Se la notizia esce non mi opero”

“Oggi ho la sensazione netta che lui sentisse di dover fare una serie di cose prima di morire” spiega Alfieri che ricorda le “due operazioni segrete” a cui si è sottoposto papa Francesco prima nel 2021 (al colon) poi nel 2023 per un problema addominale. “Mi disse: ‘Ho deciso di operarmi e ho scelto lei’. Gli risposi che se voleva essere operato da me non c’erano altre possibilità che il Gemelli. Accettò ma alle sue condizioni: ‘Arriverò domenica dopo l’Angelus. Non dovrà saperlo nessuno. Se la notizia uscirà non mi opero più'”. E la versione ufficiale – spiega Alfieri – “era che arrivava un capo di Stato estero che voleva massima riservatezza. Lui specificò che qualsiasi decisione al suo posto avrebbe dovuto prenderla Strappetti”.

La benedizione delle mani prima dell’intervento

Prima dell’intervento, “Strappetti mi disse che il Papa voleva vedermi. Entrai nella sua stanza e lui mi benedì le mani. Fu un’emozione incredibile – ricorda Alfieri -, il significato l’ho compreso soltanto dopo. Lui voleva dirmi utilizza le tue mani per il tuo lavoro, ma utilizza le tue mani con il cuore nei prossimi anni”. Poi, due anno dopo, il secondo intervento “anche in quel caso tutto segreto. Dopo la prima operazione al momento di tornare a casa si era affacciato per dire chiaramente qual era l’importanza della sanità pubblica e l’importanza di mantenere gli ospedali cattolici con una certa missione. Lo dimostrò tornando al Gemelli”.

Le ultime ore del Papa: “Aveva gli occhi aperti, era in coma”

L’ultimo incontro tra Alfieri e Bergoglio c’è stato sabato scorso, 19 aprile, il giorno prima del giro in papamobile in piazza San Pietro. “Gli ho portato una crostata scura come piace a lui e abbiamo chiacchierato un po’. “Sto molto bene, ho ricominciato a lavorare e mi va”. Sapevo che il giorno dopo avrebbe impartito l’Urbi et Orbi e ci siamo dati appuntamento a lunedì”. Poi nella notte tra domenica e lunedì le condizioni sono degenerate: “Alle 5 si è svegliato per un bicchier d’acqua. Si è girato su un fianco e l’infermiere si è accorto che qualcosa non andava” perché “faticava a rispondere”. Da qui l’allarme lanciato prima chiamando il medico rianimatore, “sempre di turno in Vaticano”.  Poi alle “5,30 circa mi ha chiamato Strappetti: “Il Santo Padre sta molto male dobbiamo tornare al Gemelli”. Ho pre-allertato tutti e venti minuti dopo ero lì a Santa Marta, mi sembrava tuttavia difficile pensare che fosse necessario un ricovero. Sono entrato nella sua stanza e lui aveva gli occhi aperti. Ho constatato che non aveva problemi respiratori e allora ho provato a chiamarlo però non mi ha risposto. Non rispondeva agli stimoli, nemmeno quelli dolorosi. In quel momento ho capito che non c’era più nulla da fare. Era in coma“.

“Non voleva essere intubato”

Inutile il trasferimento in ospedale perché “rischiavamo di farlo morire durante il trasporto”. Alla fine Francesco “è morto senza soffrire, e a casa sua. Al Gemelli non diceva: voglio tornare a Santa Marta. Diceva: voglio tornare a casa. Posso dire che fosse sereno perché ricordo quella notte, al Gemelli, in cui ha avuto la prima grave crisi respiratoria e tutti pensavamo che fosse finita”. Alfieri ricorda poi il limite che papa Francesco aveva dato ai suoi medici, quello di non essere intubato: “Ci ha chiesto di evitare l’accanimento terapeutico. Se avesse perso coscienza, avremmo dovuto seguire le direttive del suo assistente sanitario personale, Massimiliano Strappetti, che per il Santo Padre era come un figlio”.

Il rapporto con Strappetti e i peccati di gola

Il Papa si fidava molto di Strappetti che negli ultimi mesi non l’ha mai lasciato solo, arrivando anche a dormire poche ore a notte. E’ stato Strappetti a convincerlo lo scorso febbraio a ricoverarsi. “Quando gli parlava un medico lui guardava Strappetti. Solo dopo un suo cenno di assenso seguiva i nostri consigli. Diceva sempre: il medico di papa Francesco è Jorge Bergoglio” ricorda Alfieri che poi racconta anche i peccati di gola di Papa Francesco: “Dopo l’intervento del 2021 gli prescrivemmo una dieta. Lui, che era goloso, a volte raggiungeva di notte le cucine di Santa Marta per uno spuntino extra. Aveva accumulato una decina di chili di troppo. A volte dovevo sembrargli troppo rigoroso perché mi apostrofava: ricordati di vivere con ironia”.

 

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