È un po’ la stessa frenesia che scatta quando si cerca un prodotto che sembra introvabile. E più si gira a vuoto, più sembra necessario. O meglio: fondamentale, impossibile proseguire senza. Se n’è resa conto persino Elly Schlein, che pure non ne sentiva particolarmente bisogno. Alla fine si è arresa anche lei: senza il centro non si costruisce l’alternativa al governo di Giorgia Meloni. Incredibile: Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni non bastano a intercettare i voti dei moderati e a intonare “hasta la victoria siempre”.

Informato delle aspettative, si era messo in moto Giuseppe Sala. Uno non nuovo a facili entusiasmi: prima della caduta di Mario Draghi stava lavorando a una lista ecologista, sostenuto da un po’ di parlamentari bersaniani. Una creatura che non aveva esattamente i contorni di una cosa moderata, ma vabbè. Archiviata la svolta green, il primo cittadino di Milano ha iniziato a ragionare sul ritorno del cespuglio centrista. “Testimonial poco credibile”, l’ha liquidato subito Matteo Renzi, una specie di signor “no” della giuria, “è anche contro il nucleare”. Lui, il sindaco, si sentirebbe ancora in partita, ma il Pd sta per combinargliene una grossa. Ovvero bocciare il Salva-Milano, approvato alla Camera, ma in attesa di passare al Senato (dopo la pausa natalizia). Stranezze dei dem, si dirà, visto che il provvedimento è a prima firma di Chiara Braga, capogruppo a Montecitorio. È che nel frattempo è partita l’area “malmostosa” della sinistra, con tanto di appello di 140 accademici, un classico evergreen. E la segretaria, come è noto, è molto sensibile a certi richiami. Morale della favola: il Pd potrebbe rivedere il suo sì, e il sindaco di Milano è fuori di sé.

L’eterno Romano Prodi

Il centro, almeno dal laboratorio della Madonnina, può aspettare tempi migliori. Così si è messo in movimento un altro forno: sulla carta, quello con i “pezzi” più pregiati all’opera dietro le quinte. Titoli altisonanti: evviva, torna la sinistra democristiana. Nomi di primissimo piano: l’eterno Romano Prodi (che almeno si è conquistato l’avversione pubblica della presidente del Consiglio), l’obliquo Goffredo Bettini, persino un Dario Franceschini descritto come riflessivo e interessato. In pratica l’Armageddon. Tanto rumore per nulla: un esordio che sembra tratto da Scherzi a parte; il test alla Lumsa con Beppe Fioroni e Bruno Tabacci grandi cerimonieri; le dimissioni dall’Agenzia delle Entrate con intervista al Corriera della Sera; l’improvvido attacco al governo dopo anni di silenzio. Due passi avanti e due indietro per tornare esattamente alla partenza. Un flop, in poche parole.

Il reality show del Centro

Insomma, Ernesto Maria Ruffini deve ripassare la parte: la nuova Margherita è ancora rinviata. La necessità ci sarebbe, riconoscono in molti. “Stravagante che si chieda a tutti meno a quello che il partito di centro di maggior successo lo fece per davvero”, rileva lo spin doctor Michele Anzaldi, che fu un po’ l’ostetrico di quel parto fatto con “pane e cicoria”. D’altra parte un altro che se ne intende, l’ex commissario europeo Paolo Gentiloni, ricorda che “Meloni non si batte con ChatGPT”. Sul tema, per non farsi mancare nulla, interviene anche un estraneo come Andrea Orlando, che prende per la giacchetta Schlein (che non abbia gradito il trasferimento obbligato in Liguria?): “Il soggetto centrista serve, ma non può essere creato in vitro dal Pd”. Di fatto è un avviso ai naviganti: fatevi gli affari vostri. Buon ultimo, è entrato in ballo anche il nome dell’ex capo della Polizia Franco Gabrielli, un uomo concreto al posto di tanti chiacchieroni. Si sentirà spaesato?

Vista la ricerca affannosa, si potrebbe fare appello alla “creatività” di Romano Prodi, che è il vero arbitro della “caccia”: perché non ricorrere a un’altra seduta spiritica, come quella che nel 1978 spifferò il covo dove veniva segregato Aldo Moro? In fondo stavolta la ricerca sarebbe meno onerosa e il responso, a differenza di allora, meno equivocabile. Suvvia Professore: un nome purchessia, per fermare il reality show sul federatore che non si trova.