La manifestazione delle associazioni
Allagamenti contro i senzatetto, alla Stazione Termini i poveri fanno paura
Si chiama aporofobia la paura per la povertà e i poveri. Non ci capita di leggerla in giro eppure è uno dei mali di questo tempo se è vero che secondo molti autori la differenza tra aporofobia e razzismo sta nel fatto che ci sono società in cui si accettano immigrati, anche di altre etnie, a patto che questi si trovino in una buona situazione economica e portino fama e ricchezza. L’ultima fermata dell’aporofobia è alla stazione Termini di Roma, dove sotto la tettoia d’ingresso e sul lato che si affaccia su via Marsala ci sono ogni sera circa 300 persone senza fissa dimora che cercano riparo. Nei mesi invernali sono molti di più visto che il calore che esce dalle grate della metropolitana diventa prezioso nei mesi più freddi. Centinaia di volontari ogni sera portano cibo, coperte per un sostegno quotidiano.
La storia cambia trama qualche settimana fa quando hanno iniziato a sollevarsi polemiche per la presunta introduzione di nuove regole che vieterebbero ai volontari di portare cibo e ristoro ai senza tetto. Le associazioni hanno spiegato che la situazione non era molto diversa da prima, avendo sempre trovato ostacoli alla propria opera di assistenza, e all’inizio hanno provato a smorzare i toni. Il 21 gennaio sulla vicenda un tweet di Lapo Elkann sollevava la questione: «Ieri sera alle 21 un amico era in stazione Termini a distribuire cibo ai poveri. È stato cacciato mentre dava da mangiare ad una signora italiana. “Sporcano” gli ha detto un addetto alla sicurezza intimando l’arrivo della polizia», ha scritto Elkann. Da lì hanno cominciato a fioccare testimonianze simili. Secondo diverse voci l’atteggiamento del personale di sicurezza privata che fa capo alla società Grandi Stazioni Rai (che ha in gestione le 15 principali stazioni italiane) si sarebbe inasprito, come quello delle forze dell’ordine.
Il 3 febbraio un gruppo di volontari della Casa famiglia Ludovico Pavoni che era entrato all’interno della stazione per portare cibo è stato fermato e identificato. Padre Carlo, uno dei membri dell’associazione, aveva raccontato a Il Post: «Come sempre stavamo distribuendo cibo all’esterno della stazione. Ci sono però alcune persone, meno di dieci, che non vogliono uscire all’esterno, temono di perdere le loro poche cose oppure di non riuscire più a rientrare. Si tratta di casi isolati. I volontari quella sera sono entrati, seguiti da una troupe del Tg3, per poter portare loro un panino ma sono stati fermati dai carabinieri che hanno chiesto i documenti. Sappiamo che esiste questa regola per cui non si può dar da mangiare all’interno della stazione. È una regola piuttosto curiosa, però, in un luogo dove ci sono bar e ristoranti di ogni tipo».
L’assessora alle politiche sociali del comune di Roma, Barbara Funari, è intervenuta spigando che «con il Prefetto stiamo immaginando di trovare altri spazi di accoglienza attorno alla Stazione Termini. Questo sicuramente aiuterebbe per prime le persone che si trovano lì». Del resto stazione Termini, come tutte le grandi stazioni italiane, si è trasformata in un dorato centro commerciale adibito allo shopping di lusso. Viene fin troppo facile rifugiarsi dietro al bisogno di “decoro” per fermare la catena di solidarietà e ritenere un fastidio le persone più fragili. Una settimana fa un nuovo metodo per allontanare i senza fissa dimora: acqua gelida a ridosso delle vetrate della stazione su piazza dei Cinquecento.
A denunciarlo è stato l’avvocato Daniele Leppe: «Se dovessi indicare con un esempio, una foto simbolo, la barbarie raggiunta dall’ideologia del decoro, utilizzerei questa foto, che ritrae l’ingresso della stazione Termini, lato piazza dei Cinquecento, dove la sera passano a pulire il muro e le vetrate che delimitano l’ingresso, con le idropulitrici, bagnando questo lato, e non le altre parti della piazzola, solo per impedire ai senza tetto di dormirci, perché nessuno dormirebbe su un pavimento bagnato con l’umidità notturna che ti entra dentro le ossa». I volontari dell’associazione Mama Termini, nata dall’esperienza di Termini Tv, raccontano però che la pratica dell’acqua fredda spruzzata per impedire di sistemare i propri giacigli «avviene sistematicamente ogni giorno da novembre».
Il giornalista egiziano Maaty Elsandoubi che da tempo segue ciò che accade in stazione non ha dubbi: «Vogliono che da questa entrata non si vedano i poveri. Neanche io voglio vedere i poveri, ma perché voglio che abbiano una casa almeno, una vita dignitosa. Butti l’acqua e allora spariscono? Questa più che una stazione ormai è un centro commerciale, e deve essere pulito ed elegante, non ci possono mica essere i poveri», dice. Il tema è sempre lo stesso: Roma ha circa 20mila senza tetto e solo 2.500 posti letto per accoglierli. «Sulla questione del piazzale bagnato – spiega in un’intervista a Redattore Sociale l’assessora Funari – ho segnalato un mese e mezzo fa la vicenda: Ferrovie mi spiega che devono sanificare in continuazione quello spazio. Le denunce sono legittime, anche per capire se si può evitare di pulire proprio in alcuni orari. Ma va anche detto chiaramente che le persone lì non dovrebbero stare lì, per i senza dimora stessi».
I poveri si sa dove non possono stare ma evidentemente la politica non ha il tempo e la voglia di dirci dove dovrebbero andare. Oggi Termini Tv e Mama Termini lanciano una manifestazione alle 17 « per ricordare e ricordarci che sotto gli stracci ci sono persone, e che #homeless non è una categoria dello spirito, ma una condizione materiale figlia di precise cause. E quando arriveranno quelli delle pulizie per buttare acqua per terra, noi ci saremo». Sul web è nata anche una petizione per chiedere che “Grandi Stazioni, che gestisce gli spazi commerciali della stazione, provveda a consentire l’accesso e la sosta anche a chi non consuma. Sono infatti recintati gli unici spazi dove ci si poteva sedere, dentro la stazione, e ora, con l’acqua gettata fuori dalla stazione, i senzatetto vengono spinti più lontano, creando veri e propri mini ghetti, a discapito della sicurezza di tutte le persone, non solo dei senzatetto”. L’aporofobia, intanto, cresce. E serve imparare in fretta il significato di questa nuova parola che si ascolta poco quasi niente ma che sembra essere già dappertutto.
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