Il Sud Africa ha presentato alla Corte Internazionale di Giustizia un ulteriore ricorso per l’emissione di misure cautelari a carico di Israele. Il ricorso si basa su tre presupposti, che a giudizio del Sud Africa renderebbero necessario un intervento della Corte dopo i primi due del 26.1.24 e del 28.3.24 (si è parlato molto del primo; meno del secondo, che rigettava la richiesta di coinvolgere gli Stati membri nell’adozione di misure contro Israele).

Rafah, l’ultimo rifugio e il controllo di Israele

Il primo presupposto riguarda il fatto che Rafah costituirebbe “l’ultimo rifugio a Gaza per un milione e mezzo di palestinesi”, nonché l’unica area disponibile per l’assicurazione di servizi pubblici, compresa l’assistenza medica. Il secondo: Israele avrebbe il controllo completo di ciò che entra a Gaza e ne esce, e avrebbe interrotto qualsiasi fornitura medico-umanitaria. Il terzo: la condizione di rischio cui sarebbe esposta la popolazione “vista la recente prova che le zone di evacuazione sono state trattate come zone di sterminio”, con “distruzioni di massa” e “fosse comuni”, e con l’uso da parte di Israele di strumenti di Intelligenza Artificiale per identificare “liste di morte”.

La testimonianza del soldato israeliano

Queste ultime allegazioni si fondano su due articoli di giornale che raccolgono la testimonianza di un soldato israeliano, sui contenuti di un blog di attivisti palestinesi e israeliani e sulla denuncia fatta il 6 Maggio da un gruppo di “esperti”, tra i quali l’Italiana Francesca Albanese. È la prima volta nella storia che un’operazione bellica è monitorata con questa attenzione, e sulla scorta di un simile impianto probatorio. Oggi la prima udienza sul nuovo ricorso.