Dopo il livello record toccato l’anno scorso (42,7%), anche nel 2023 resta molto alta la quota di spese obbligate sul totale dei consumi delle famiglie italiane (41,5%). È l’allarme lanciato ieri da Confcommercio: i consumi obbligati frenano la spesa degli italiani.

Dopo nove trimestri eccezionali – dal primo 2022 al primo 2023, l’economia italiana segna un profondo rallentamento. Le spese obbligate sono: fitti, manutenzione e riparazione dell’abitazione, acqua e altri servizi per l’abitazione, energia elettrica, gas ed altri combustibili, sanità, spese d’esercizio dei mezzi di trasporto, combustibili e lubrificanti, assicurazioni, protezione sociale, servizi finanziari.

In termini assoluti, nell’anno in corso su un totale di oltre 21mila euro pro capite di consumi, per le spese obbligate se ne vanno 8.755 euro, ovvero 100 euro in più circa rispetto al 2019. I dati emergono da un’analisi dell’Ufficio Studi Confcommercio sulle spese obbligate delle famiglie italiane tra il 1995 e il 2023.

Tra queste spese, quella che pesa di più riguarda in generale l’abitazione (5.062 euro) e in particolare energia, gas e carburanti che, con 1.976 euro, rappresentano il 9,4% del totale dei consumi. A rendere il fenomeno ancora più allarmante è l’aumento dei prezzi: se tra il 1995 e il 2023, infatti, il prezzo medio dei beni commercializzabili è cresciuto di quasi il 53%, quello delle spese obbligate è aumentato del 120% con la componente energia aumentata che è salita di quasi il 175%. Si tratta, evidentemente, di tendenze, dice l’Ufficio Studi, che “riducono il benessere e dei consumatori e frenano la propensione al consumo con inevitabili effetti depressivi sulle già deboli dinamiche del Pil”.

Dallo studio emerge che nel lungo periodo l’attenzione all’ambiente domestico è cresciuta e così le spese relative all’abitazione, compresa la diffusione di impianti di condizionamento e riscaldamento, e quindi dei relativi consumi energetici, e questo si registra per tutte le famiglie e in quasi tutti i territori del Paese. Tuttavia, dopo lo shock energetico, la quota di spese obbligate nel complesso non sembra riportarsi ai livelli del 2019. Il 41,5% stimato per l’anno in corso potrebbe indicare che, in termini strutturali, difficilmente si ritornerebbe sotto il 40% per le spese obbligate. Per definizione, questa tendenza ridurrebbe il benessere e la libertà dei consumatori, disincentivando la crescita della propensione al consumo e, quindi, ai consumi, e, infine, ciò avrebbe effetti depressivi sulle dinamiche già stentate del prodotto lordo.

Ad amplificare la dimensione delle spese obbligate sono i prezzi. Nel 2023 stimiamo che rispetto ai livelli del 1995 il prezzo medio dei consumi è cresciuto dell’80%. Il prezzo dei beni commercializzabili è avanzato poco meno del 53%, quello dei servizi offerti in regimi variamente concorrenziali del 73,5%; le spese obbligate, che evidentemente sono, almeno in parte, confinate in un’offerta non del tutto concorrenziale, mostrano un prezzo in crescita del 120%, all’interno delle quali il prezzo la componente energetica cresce di quasi il 175%. Se invece delle variazioni cumulate consideriamo le variazioni medie annue calcolando i tassi composti, emerge che i beni commercializzabili hanno avuto prezzi crescenti attorno all’1,5% l’anno nei 28 anni considerati. I prezzi dei servizi commercializzabili crescono al 2% scarso in media d’anno, i consumi totali al 2,1% e le spese obbligate al 2,9%, dentro le quali i costi per le famiglie dei consumi energetici sono cresciuti mediamente del 3,7% l’anno. Dunque, si può concludere che la parte effettivamente libera della nostra economia è già, da tanto tempo, perfettamente coerente con i target della politica monetaria.

La conclusione di Confcommercio è triste: “il sogno di un’Italia che cambia passo nella crescita economica sembra finito, e con esso anche le congetture sull’impatto del Piano di Ripresa e di Resilienza. Ma possiamo sbagliarci, e ce lo auguriamo – commentano- La speranza di procedere e accelerare nei processi di riforma e investimenti connessi al Piano resta viva”.
“Il costo dell’energia, nonostante i ribassi e gli interventi del Governo, resta elevato – dice il Presidente Carlo Sangalli- e insieme alle altre spese obbligate incide pesantemente sui bilanci delle famiglie. Il rischio è una riduzione strutturale dei consumi che potrebbe frenare la crescita economica. Per evitarlo, occorre intervenire con più decisione sulla riduzione del cuneo fiscale e della spesa pubblica inefficiente”.

Annarita Digiorgio

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