Alla lettura della sentenza che conferma la sua responsabilità per calunnia nei confronti di Patrick Lumumba, Amanda Knox scoppia in lacrime. Una condanna di tre anni a cui reagisce confessando ai suoi avvocati Carlo Dalla Vedova e Luca Luparia Donati “non me lo aspettavo e sono molto delusa”. Lascia così l’aula della Corte d’assise d’appello di Firenze assieme al marito Christopher Robinson, ma senza dire altre parole, smarcandosi dalla stampa uscendo da una porta secondaria.

A parlare sono solo i suoi legali (“Pensava di poter mettere un punto definitivo alla sua innocenza”) che hanno annunciato un più che probabile ricorso in Cassazione dopo il deposito delle motivazioni. Il reato contestato è in relazione al memoriale scritto dalla donna la mattina del 6 novembre del 2007 nell’ambito della vicenda giudiziaria per l’omicidio della studentessa inglese Meredith Kercher, caso per il quale la 36enne statunitense era stata già assolta in via definitiva, insieme a Raffaele Sollecito. Pochi giorni dopo il delitto, Knox indicò agli inquirenti Lumumba, all’epoca suo datore di lavoro in un pub perugino, come il presunto autore del delitto, scagionato dopo aver trascorso in carcere 14 giorni, mentre per l’omicidio di Meredith l’unico condannato a 16 anni in rito abbreviato è stato Rudy Guede. Quest’oggi in aula Knox ha ricordato che non voleva accusare Patrick, rammaricandosi per non essere riuscita a resistere alle pressioni della polizia.

Le dichiarazioni spontanee

“Avevo vent’anni, ero spaventata, e fui ingannata in un momento di crisi esistenziale – il racconto dell’imputata -. Per ore fui interrogata dagli agenti in una lingua che non conoscevo. Non avrei mai testimoniato contro Patrick, come invece la polizia voleva. Non sapevo chi era l’assassino. Patrick non era solo il mio capo al lavoro ma anche mio amico. Non avevo interesse ad accusare un amico innocente. Patrick mi ha insegnato a parlare l’italiano, si è preso cura di me. Prima dell’arresto, mi consolò per la perdita della mia amica. Mi dispiace di non essere stata così forte di resistere alle pressioni della polizia e che lui ne abbia sofferto. Nessuno mi voleva credere, mi diedero della bugiarda, io ero solo terrorizzata. Mi minacciarono di condannarmi a 30 anni, e per farmi ‘ricordare’ cosa fosse accaduto un poliziotto mi diede uno schiaffo in testa”.

La condanna scontata

Soddisfazione, invece da parte del legale di Patrick Lumumba: “non è una vittima ma una calunniatrice”. Knox ha già scontato la condanna di tre anni, avendo trascorso 4 anni in carcere. “Era da assolvere – continua la sua difesa – perché vittima di un errore giudiziario – esattamente come Lumumba, che venne arrestato malgrado avesse 12 testimoni che lo scagionavano”.

Redazione

Autore