La storia
Amarcord, “No alla Dc”: Mosca spaccò i socialisti
Fra il ’63 e il ’64 nel corso della costituzione del governo di centro-sinistra al Psi capitò di tutto, sia da destra che da sinistra. In ballo erano una serie di riforme assai significative: la riforma urbanistica, la riforma sanitaria, la nazionalizzazione dell’energia elettrica, l’istituzione delle Regioni, la riforma della federconsorzi. Da destra il generale De Lorenzo elaborò il cosiddetto Piano Solo, che prevedeva anche l’arresto e la deportazione sulle isole di centinaia di esponenti e attivisti della sinistra. A sua volta il gruppo dirigente della Dc incontrò inopinatamente i capi della polizia e dei carabinieri facendo sentire ai socialisti “il tintinnio delle sciabole”. In questo secondo caso lo scopo non era quello di fare un colpo di Stato, ma di costringere i socialisti ad accettare il ridimensionamento delle riforme, obiettivo in parte raggiunto tant’è che ci fu una rottura fra Pietro Nenni e Riccardo Lombardi.
In una situazione di questo tipo la sinistra socialista (Vecchietti, Valori, Lami, Basso, Foa) preparò la scissione contro la partecipazione del Psi al governo. Rispetto a essa il Pci era diviso: Amendola era nettamente contrario, Ingrao fortemente favorevole perché il centro-sinistra era un’operazione di “ristrutturazione capitalista”, Togliatti ambiguo e forse incerto, combattuto fra la sua propensione per l’apertura di una fase riformista e il timore che in quel modo il Psi riprendesse la guida della sinistra. Ovviamente Riccardo Lombardi, Tristano Codignola, Antonio Giolitti, Fernando Santi, insomma la corrente lombardiana, erano contrarissimi alla scissione perché avrebbe indebolito il Psi, rafforzato i dorotei nella Dc e emarginato la corrente all’interno del Psi.
Così ci fu una lunga riunione fra Lombardi, Codignola, Santi da un lato, Vecchietti, Valori e Lami (amministratore prima del Psi, poi del Psiup) dall’altro. Dopo due ore di accesa discussione prese la parola Lami, rimasto fino ad allora silenzioso: «Scusa Riccardo non perdere tempo a parlare con i tuoi amici del Pci perché ci ordinino di non fare la scissione. Noi siamo autonomi dal Pci perché abbiamo rapporti diretti con il Pcus. Allora i compagni del Pcus hanno dato a me che sarò l’amministratore del nuovo partito, che si chiamerà Psiup i finanziamenti necessari per assicurargli almeno tre anni di vita». E così la riunione si sciolse. E come preannunciato da Lami la sinistra socialista diede vita al Psiup.
Lami ripeté l’exploit un’altra volta all’interno del Psiup in una discussione del suo Comitato Centrale sull’occupazione dell’Armata rossa della Cecoslovacchia. Diversamente che sull’Ungheria, il Pci espresse la sua riprovazione. Basso e Foa presentarono una mozione affinché il Psiup assumesse una posizione analoga. Nel suo complesso il Comitato Centrale era incerto. Questa incertezza finì dopo un breve intervento di Lami: «Compagni devo avvertirvi che se passa questa mozione non sarò più in grado fra 6 mesi di assicurare il pagamento degli stipendi ai funzionari e il finanziamento alle federazioni». La mozione di Basso e Foa non passò.
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