Le Big tech segnano il futuro e l’innovazione, ma anche la regressione. Nei rapporti di lavoro, ad esempio. La saga dello smart working lo conferma: Amazon, 1.5 milioni di dipendenti in tutto il mondo, ha deciso di radere al suolo la modalità di lavoro rilanciata in pompa magna quattro anni fa. Dal 2 gennaio 2025 si torna all’antico. Pronte a seguirla Zoom, Google, Meta e altre aziende di prima linea. Molto smart anche le motivazioni.

Il sistema è ben rodato: le operazioni di potere devi farle passare come iniziative per il bene comune. Potere di chi? Ma è chiaro: dei manager e dei top manager. Il meccanismo consolidato della produzione esige gerarchie rigide. Nessun capo si sente davvero tale se non ha il controllo fisico dei suoi dipendenti. Eppure, ammesso e non concesso che lo smart working (che poi in realtà è work at home”) non funzioni, chi ne porterebbe la responsabilità se non chi non sa organizzare il lavoro per risultati misurabili? Eloquente l’argomento che il lavoro da remoto aumenta le riunioni inutili. E chi decide, organizza e dirige queste riunioni se non gli stessi dirigenti che dovrebbero dimostrare la leadership degli obiettivi e non delle medagliette? E qualcuno ha idea di quale tormento siano le riunioni inutili in presenza?

Il Ceo Amazon e il volemose bene

Molto meglio, quindi, buttarla su motivazioni più o meno nobili, ai limiti del filantropico. Il Ceo di Amazon Andrew Jassy punta sul volemose bene, ma così tanto bene che non possiamo lasciarci mai: “Abbiamo osservato che in ufficio è più facile per i nostri colleghi collaborare, fare brainstorming, insegnare e imparare gli uni dagli altri. E i team tendono a essere meglio connessi tra loro”. Insomma, lo facciamo per voi, per lenire la vostra solitudine. Per favorire la collaborazione, il team working, persino l’amicizia che può fiorire solo alla macchinetta del caffè. Mancano le tresche amorose aziendali, ma possiamo ritenerle implicite, visto che sul desktop, ammettiamolo, non è la stessa cosa.

Per lo smart e la qualità della vita disposti a ridurre stipendi

Le cortine fumogene non possono nascondere che i dati raccontano il contrario. Intanto, sul piano della produttività, che aumenta regolarmente, alla sola condizione che l’ambiente domestico venga reso idoneo alle attività lavorative e che siano chiare le regole del remoto: orari, obiettivi, spazi di disconnessione per limitare i rischi di burnout. E il giudizio di chi lavora è inequivocabile. Un sondaggio interno ha rilevato che il 70% dei lavoratori di Amazon preferirebbe continuare a lavorare da remoto a tempo pieno o almeno avere maggiore flessibilità. In generale, la quasi totalità dei lavoratori o aspiranti tali è disposta persino ad accettare riduzioni di stipendio, e per molti giovani l’equilibrio fra presenza e remoto è un fattore decisivo del “balance work life”, chiave della qualità della vita. Del resto, il rapporto virtuoso fra smart working e produttività è fondato su ragioni intuitive. Se una persona vive le sue mansioni in una condizione di libertà, è portato ad accentuare la sua responsabilità e la qualità della prestazione. Anche per la maggiore disponibilità di tempo e di denaro e il minore stress dovuti ai più ridotti spostamenti fisici.

Amazon e il ritorno al tramezzino-society

Insomma, a tutta birra verso il ritorno alla tramezzino-society. Già, perché c’è una questione ancor più oggettiva che dovrebbe riguardare le politiche pubbliche. Una diffusione ampia e regolata dello smart working può ridurre drasticamente il traffico, l’inquinamento e i consumi di energia, permettere di razionalizzare gli spazi negli uffici e liberare risorse per investimenti, nonché indirizzare in modo strategico l’equilibrio demografico. Non a caso, nella fase propulsiva post-2020 si parlò di south-working, una politica che avrebbe favorito la ripopolazione di aree depresse del Mezzogiorno con il ritorno nei loro paesi di lavoratori delle grandi imprese o della pubblica amministrazione del nord e del centro.

Verticismo, dirigismo, paura del mondo nuovo tecnologico, che è flessibile e ibrido. Proseguire su questa strada, osservano gli esperti, porterà alla trasmigrazione dei migliori su lidi professionali più aperti. A timbrare il cartellino resteranno quelli che non possono fare altrimenti. Quelli che, a casa o in ufficio, amano sonnecchiare. Nel secondo caso, neppure a spese loro. Ma vuoi mettere lo spirito di squadra che si crea davanti ad una cotoletta che sa di plastica?