Dopo un weekend di fuoco, che ha visto sfilare a Madrid e in altre città spagnole mezzo milione di persone secondo gli organizzatori (infinitamente di meno secondo le autorità locali), il primo testo della legge sull’amnistia è circolato nella giornata di ieri e oggi o domani sarà presentato alle Camere. Questo passaggio è condizione necessaria e sufficiente affinché la settimana prossima i partiti indipendentisti catalani possano fornire a Pedro Sanchez i voti che gli servono per ottenere la fiducia in Parlamento, evitando così nuove elezioni come previsto dalla Costituzione.

La legge cancellerebbe ogni “responsabilità penale, amministrativa e contabile” per i crimini associati al movimento indipendentista catalano durante oltre un decennio, tra il 1° gennaio 2012 e il 13 novembre 2023 e coinvolgerebbe circa 300 indipendentisti e 73 poliziotti attualmente sotto processo o condannati. Tra i beneficiari dell’amnistia ci sarebbero ad esempio sia i presidi delle scuole dove furono installati i seggi del referendum per l’autodeterminazione della Catalogna del 1° ottobre 2017 ma anche i 73 poliziotti attualmente accusati prevalentemente di lesioni o di reati contro l’integrità morale durante gli interventi di ordine pubblico contro gli indipendentisti. Ma l’amnistia riguarderebbe ovviamente tutti i responsabili politici di quel referendum, ad iniziare da Carles Puigdemont, al tempo presidente della Catalogna ed attualmente eurodeputato costretto all’esilio a Bruxelles per evitare di essere arrestato e dal suo vice, Oriol Junqueras, condannato alla interdizione dai pubblici uffici per 13 anni.

Nonostante quotidiani anche progressisti come El Pais invitino Sanchez a prestare ascolto agli umori del paese, il premier uscente tira dritto, consapevole che l’amnistia è per lui l’unica possibilità di vedersi riconfermato l’incarico, e denuncia semmai l’escalation di aggressioni ed il clima d’odio contro il suo partito fomentata dall’estrema destra ed in particolare dalla piattaforma online “Revuelta”, un’associazione non iscritta a nessun albo e contigua a Vox che sta organizzando le manifestazioni di questi giorni. “Traditore” e “morte a Sanchez” sono solo i più innocenti degli slogan urlati nelle piazze e nella manifestazione che ogni sera da una settimana si tiene a Madrid davanti alla sede del PSOE, in un clima d’odio che fa preoccupare molti. Non stupisce molto che da questo clima il Partito Popolare, teoricamente moderato, stenti a differenziarsi: è evidente infatti quanto il leader Alberto Núñez Feijóo sia incalzato a destra dalla agguerrita Isabel Díaz Ayuso, governatrice di Madrid, secondo molti pronta a sostituirlo alla guida del partito una volta chiusa questa pagina.

Giornalista, genovese di nascita e toscano di adozione, romano dai tempi del referendum costituzionale del 2016, fondatore e poi a lungo direttore di Gay.it, è esperto di digitale e social media. È stato anche responsabile della comunicazione digitale del Partito Democratico e di Italia Viva