Anarchici arrestati, presidio sotto carceri durante coronavirus è associazione sovversiva

Il presidio sotto il carcere di Bologna in tempi di coronavirus a sostegno delle richieste dei detenuti è indizio di associazione sovversiva e di conseguente custodia cautelare. È la posizione della procura di Bologna che in vista dell’udienza del Riesame di oggi ha depositato carte che fanno riferimento a quell’iniziativa per supportare la necessità che gli anarchici arrestati nei giorni scorsi restino in prigione. Per i difensori degli anarchici invece il quadro indiziario relativo all’accusa di associazione sovversiva finalizzata a compiere atti di terrorismo è priva del necessario requisito di gravità. I legali ricordano che altre due inchieste sull’area anarchica “Outlaw” e “Mangiafuoco” erano finite con sentenze assolutorie.

Per gli avvocati ci sono state «forzature interpretative delle regole». «La totale inoppugnabile mancanza di un pericolo concreto di una lesione dei supremi interessi dello Stato causata da reati “terroristici” che nei documenti esaminati non solo non vengono esaltati ma nemmeno evocati è clamorosa» si legge nella memoria difensiva sottoposta al Riesame. Va ricordato che erano stati gli stessi inquirenti nella conferenza stampa relativa all’operazione a sostenere che gli arresti facevano parte di una strategia di tipo preventivo al fine di evitare episodi di violenza nelle manifestazioni di piazza causate dalla crisi economica legata alla vicenda del coronavirus.

Insomma il problema appare essenzialmente politico dal momento che secondo la difesa sarebbero labili gli indizi anche in relazione all’episodio del danneggiamento di due antenne a dicembre del 2018. Non ci sarebbero collegamenti dimostrati tra la frase vergata sul muro ritenuta una sorta di rivendicazione e il fatto che pochi giorni dopo alcuni degli indagati venivano colti a realizzare la scritta “no alla sorveglianza”. Le informative utilizzate per emettere l’ordinanza di arresto fanno più volte riferimento a manifestazioni in solidarietà con i detenuti e con gli immigrati trattenuti nei Cpr, con scoppi di petardi utilizzati per far sentire la presenza delle proteste all’interno delle strutture.

L’avvocato Ettore Grenci cita la sentenza della Cassazione cui si ricorda che la semplice idea eversiva non accompagnata da propositi attuali e concreti di violenza non vale a realizzare il reato «ricevendo tutela proprio dall’assetto costituzionale dello Stato che essa mira a travolgere». La posizione della procura di Bologna fatta propria dal gip in riferimento agli arresti tende a prospettare il terrorismo come una sorta di reato di pericolo. Non è la prima volta che accade. Ci aveva già provato la procura di Torino con la storia del compressore bruciacchiato in occasione di un assalto al cantiere di Chiomonte dell’alta velocità. La vicenda aveva portato a detenzioni in regime di alta sorveglianza e a durissime polemiche. Alla fine però il cosiddetto teorema Caselli veniva bocciato per ben tre volte dalla Cassazione nonostante il tentativo della procura di trasformare quel marchingegno danneggiato dalle bottiglie molotov in una sorta di caso Moro del terzo millennio.