Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, riceverà la premier Giorgia Meloni giovedì 17 aprile. In quell’occasione Meloni rappresenterà al 47mo presidente americano non solo le preoccupazioni degli imprenditori italiani ma anche alcune soluzioni di cui ieri, al culmine degli incontri a Palazzo Chigi, ha anticipato il senso. Gli incontri, innanzi tutto.

Le sigle

Davanti alla premier è sfilato il paese reale: quello che lavora e produce. Ed esporta quote importanti della sua produzione. Confindustria, Ice e Camera Nazionale Moda Italiana. Le Pmi con Confapi, CNA, Confimi Industria, Confimprese Italia, Legacoop, Confartigianato, Conflavoro, Confcommercio, Confesercenti, Casartigiani e tutte le principali sigle dell’agroalimentare. Nel volgere di tre ore e mezza di incontri serrati ha passato in rassegna quasi trenta sigle. E per ciascuna, un presidente che interviene ad aggiungere le sue preoccupazioni al già fitto cahier de doléances. Al cronista che segue i lavori tornano in mente gli Stati Generali convocati dall’allora premier Giuseppe Conte a Villa Pamphili, con settimane di preavviso strombazzato dalla macchina della propaganda di Rocco Casalino.

Le contromosse

Le sigle convocate erano le stesse ma l’agenda, il timing, l’operatività decisamente diversi. Giorgia Meloni e il suo staff hanno ascoltato tutti, non limitandosi a prendere nota ma preannunciando le contromosse che Palazzo Chigi ha allo studio. Dalla parte governativa del tavolo, insieme con la premier, i Vicepresidenti Antonio Tajani e Matteo Salvini (in videocollegamento), i ministri competenti (Giorgetti, Urso, Foti, Lollobrigida) e i sottosegretari Alfredo Mantovano e Giovanbattista Fazzolari. Manifattura, agroalimentare, trasporti e logistica, turismo sono tra i settori più colpiti da questa nuova ondata protezionistica, che rischia di compromettere le prospettive di crescita in un contesto economico già fragile.

L’analisi di Meloni

L’analisi della Presidente del Consiglio ha accolto tutti i soggetti convocati: «Credo che siamo tutti concordi nel dire che una guerra commerciale tra Europa e Stati Uniti non conviene a nessuno. Dunque, la sfida è lavorare con l’Unione Europea per definire un accordo positivo che possa avere come soluzione quella di integrare ancora di più le nostre econome, invece di separarle, in un’ottica di mutuo beneficio e di crescita reciproca». Le opposizioni avevano incalzato la premier, chiedendole iniziative concrete in tempi rapidi. Meloni sa di non poter differire. Né può prendere tempo l’Unione Europea.

La reazione

La Commissione europea ha reagito, prevedendo complessivamente contromisure sulle esportazioni statunitensi per un valore fino a 26 miliardi di euro, equivalenti alla portata economica delle tariffe statunitensi. «Il Ministro Tajani con il Consiglio europeo dei Ministri del Commercio si è riunito – ha precisato la stessa premier ieri – per valutare come rispondere anche alla misura complessiva del 20% dei dazi, ma in ogni caso ora l’Ue si è assestata su una reazione che io considero propedeutica ad una trattativa non escalatoria. Lo dico perché se invece la posizione fosse stata quella di una escalation, l’Italia non l’avrebbe supportata».

L’indicazione chiara e i conti con l’Europa

L’indicazione di Meloni è chiara: «La sfida da esplorare è invece sulla possibilità di azzerare i reciproci dazi sui prodotti industriali esistenti con la formula “zero per zero”. In questo mi pare che ci sia da parte della presidente della Commissione e da parte del Commissario al Commercio che sta trattando una disponibilità». E su questo sarà incentrata la visita di Meloni a Washington, giovedì 17. Ma vanno fatti i conti con l’Europa: «Chiederemo in Europa una rapida approvazione del primo dei pacchetti omnibus, che in questo senso può dare un segnale importante ai settori produttivi. Perché se l’Europa pensa di sopravvivere a questa fase continuando a far finta di niente o a pretendere di iper regolamentare tutto, semplicemente non sopravviverà e abbiamo un problema più grande dei dazi americani». Ci sarebbero altre questioni come l’esigenza di evitare che la sovrapproduzione della Cina e di altri Paesi soprattutto asiatici colpiti dai dazi statunitensi impatti nel nostro mercato interno. Von der Leyen lunedì ha proposto di istituire una task force per la sorveglianza delle importazioni, proposta sostenuta dal governo.

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.