È comparso sul sito satirico “The Betoota Advocate”: Tom Hanks sorridente in compagnia del “suo amico Wilson“, dono dei medici del Gold Cost Hospital in Australia, dove si trova in quarantena con sua moglie Rita, entrambi positivi al Coronavirus. Tra tutti i meme, fake news e fotomontaggi creati in questi giorni dalla fantasia e dall’ironia degli utenti dei social network, per esorcizzare l’angoscia dell’isolamento imposto dall’epidemia del Covid-19, la foto di Tom Hanks è sicuramente quella che merita un’attenzione ed una riflessione in più.
Per chi non l’avesse visto o non lo ricordasse, l’immagine viene da un bellissimo film, Cast Away, diretto nel 2000 dal regista Robert Zemeckis, protagonista Tom Hanks, unico superstite di un disastro aereo, risvegliatosi spiaggiato su un’isola deserta.

La sceneggiatura, come avrete già capito, è un’intelligente e moderna riscrittura di un classico fra i più letti di sempre Robinson Crusoe, appunto Tom Hanks, naufrago solitario che trova in un pallone su cui disegna un rudimentale volto umano, il conforto di un singolare e a suo modo fedele amico, reinterpretazione del fido Venerdì che accudisce la solitudine di Robinson Crusoe. Cast Away è infatti la rappresentazione di una drammatica solitudine in cui sopravvivere dipende soprattutto dallo spirito, dalla voglia di farcela, senza mai perdere la speranza in un miracolo, nella salvezza che significa necessariamente il ritorno “alla vita di prima”, al mondo.

E a differenza di Robinson Crusoe che circa 300 anni prima lascia la sua isola a malincuore, dopo decenni di solitudine, nel protagonista di Cast Away l’isolamento è un peso, un’angoscia in cui riscopre il valore profondo degli affetti, del dialogo, della socialità, il bisogno dell’uomo di riaffermarsi “zoon politikon”, un animale sociale, secondo la lezione di Aristotele.
Tom Hanks e gli sceneggiatori ci hanno mostrato nella disperazione del protagonista, la nostalgia verso la sua vita di sempre, il bisogno di dialogo spinto fino al punto di trovare in Wilson, pallone umanizzato, un vero amico e un vero conforto, la cui profondità del legame creatosi esplode quando Tom Hanks rischia la vita nel tentativo di recuperare l’amico pallone caduto in mare e portato dalle onde alla deriva…

Una metafora perfetta del sentimento collettivo che attraversa questa nostra inedita e inattesa esperienza di quarantena e isolamento e dove in queste ore, anche per chi non è malato ma vive da solo, la casa assume l’aspetto di un’isola deserta in cui è necessario trovare le risorse interiori per affrontare la quotidianità e superare la naturale e comprensibile paura della morte.
Paura della morte che in tempo di quarantena si complica e si aggrava nella paura di morire da soli, da appestati del terzo millenio per nulla diversi da quelli del primo e del secondo.
E allora gli applausi, i canti, le luci e i flash mob dalle finestre altro non sono che il nostro Wilson, il bisogno di una condivisione minima, di un sorriso con il dirimpettaio che mai prima forse avevamo salutato o guardato e che oggi vedere affacciato alla finestra di fronte ci fa compagnia e ci riempie gli occhi di lacrime, mentre canta insieme a tutto un quartiere, l’inno d’Italia o Bella Ciao.

Nella immensa carriera di Tom Hanks troviamo anche un altro topos della paura del virus, della peste moderna, narrato in uno straziante film che gli consegnò un oscar e un golden globe come migliore attore: Philadelphia, diretto da Jonathan Demme nel 1993. Anche la storia dell’avvocato Andrew Bechett protagonista di Philadelphia, prima sieropositivo e poi malato di AIDS, interpretato da Tom Hanks è una lezione di resistenza e non importa se il finale non è salvifico in termini di guarigione e sconfitta della morte, perchè il protagonista vince comunque la sua battaglia contro la peste del pregiudizio, della discriminazione e della menzogna, trasmettendo forza e fiducia in ogni battaglia per la difesa della dignità umana.

Cast Away come Philadelphia possono essere un punto di partenza, la riscoperta di 2 grandi classici del cinema da rivedere oggi e interpretare come una fonte, un’ispirazione alla resilienza, perchè nonostante il dolore che esprimono, soprattutto nel caso di Philadelphia, può essere utile rispolverare la lezione aristotelica sul valore catartico, purificatorio e rigenerativo dell’arte.
Piangiamo, commuoviamoci dinanzi alla sofferenza e al dramma dell’avvocato Andrew Bechett, per gettare fuori il nostro dolore, la nostra angoscia e la paura, senza mai dimenticare le parole di un altro must di Tom Hanks, Forrest Gump: “la vita è come una scatola di cioccolatini, non sai mai quello che ti capita” e oggi il ripieno si chiama Coronavirus, quarantena e solitudine.