Ex parlamentare dem, in prima fila su battaglie femministe e sui diritti Lgbt, Anna Paola Concia è sin dall’inizio una delle voci più forti a fianco di Israele. Coordinatrice del comitato organizzatore di Didacta Italia, sarà sul palco della Sala Umberto, domenica, per l’Associazione 7 Ottobre.

Nella sua esperienza di dirigente e di donna impegnata a sinistra come ha visto considerare Israele e il suo diretto a difendersi?
«La sinistra mondiale ha sempre fatto fatica ad accettare il diritto di Israele a difendersi e ad esistere in Medio Oriente, dove tutti i paesi confinanti contestano il suo diritto alla sicurezza: dà fastidio che ci sia una democrazia pluralista nell’area».

La reazione del centrosinistra italiano dopo il 7 ottobre quale è stata?
«Fino al 9 ottobre l’indignazione e la condanna per il pogrom contro cittadini ebrei inermi da parte di Hamas, è stata unanime. Quando Israele ha reagito pesantemente sono cominciate le condanne e le censure, e il 7 ottobre è stato quasi rimosso».

Dal 7 ottobre che lezione possiamo trarre?
«La volontà di tutti è che i due popoli possano vivere in pace. Ma Hamas lo impedisce. Di più: è un pericolo per la sopravvivenza di palestinesi e israeliani. Con una nuova leadership in tutti e due i paesi, potrebbe iniziare un percorso di pacificazione. Ma è sotto gli occhi di tutti che dopo il 7 ottobre, il più grande sterminio di ebrei dopo la Shoah, l’antisemitismo è stato sdoganato. Come se quella spinta antisemita tenuta a lungo sotto la sabbia possa essere rilegittimata, come se gli anticorpi che pensavamo di aver introiettato, fossero svaniti. Senza capire che l’antisemitismo di casa nostra mette a repentaglio il nostro vivere comune».

C’è stata qualche protesta per le torture e la morte di donne in Iran, ma quei comitati si indignano anche per quelle segregate a Gaza da Hamas e in Libano da Hezbollah?
«Il sostegno a “donna vita e libertà” dopo la morte Mahsa Amini e le proteste a favore dei giovani che lottano a mani nude contro il regime Iraniano sono state infinitamente più blande di quelle pro Palestina. La condanna delle condizioni delle donne in Palestina come nel Libano di Hezbollah non ci sono. Non ci sono mai. Eppure i regimi islamici considerano le donne meno di zero».

C’è quindi un’ ipocrisia, un relativismo giustificativo sotto la retorica della complessità?
«Assolutamente si, il transfemminismo è un femminismo relativista che contestualizza. In contrasto con la difesa dei diritti delle donne, della loro libertà in ogni contesto, che invece appartiene al femminismo universalità nel quale mi riconosco. Pensiamo alla difesa del velo che però non è una libera scelta delle donne nelle religioni islamiche ma una imposizione patriarcale recente. Chiunque dica il contrario, mente. Pensiamo anche alla vicenda dell’Imam all’Università di Torino che il 24 maggio scorso fece un sermone di preghiera sulla Palestina relegando le donne in un recinto».

E le transfemministe?
«Lo hanno trovato normale. È agghiacciante che si accetti una cosa del genere, tra l’altro in un Paese come il nostro dove si condanna il patriarcato per qualsiasi scemenza».

I movimenti femministi dovrebbero esultare per la fine di certi regimi patriarcali come quello di Nasrallah…
«Direi proprio di sì, tutte nel mondo dovremmo esultare per la fine dei regimi patriarcali. E qui parlo da femminista universalista. L’integralismo religioso è sempre contro le donne e contro la libertà, e lo combatto ovunque, anche contro i coloni, per intenderci».

Com’è la situazione a livello diritti Lgbt in Iran, nei terrori palestinesi controllati da Hamas, nello Yemen degli Outhi?
«La condanna dell’omosessualità va dall’impiccagione alla galera, alle uccisioni più brutali. I capi di questi paesi pubblicamente e attraverso le leggi perseguono l’eliminazione di cittadini LGBT. Lo sappiamo tutti, ma su questo in molti fanno finta di niente».

Esiste un senso di colpa dell’Occidente, responsabile di tutte le barbarie del mondo?
«L’Occidente ha le sue colpe naturalmente, ma è assolutamente sbagliata questa spinta all’autodistruzione, la condanna radicale del nostro modello di società. L’Occidente e le democrazie ci hanno reso più liberi. L’educazione, la scienza e le scoperte tecnologiche occidentali hanno migliorato la vita di tutta l’umanità. L’errore grave oggi è non saper difendere i nostri valori di fronte a feroci dittature che vorrebbero distruggere tutto quello che abbiamo costruito come democrazie liberali».

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.