La pm lascia il Tribunale dei minori
Annamaria Fiorillo, dal caso Ruby a candidata con il Pd…
«È stata una decisione sofferta», aveva dichiarato allora alle tv e a diversi quotidiani, quando aveva deciso di parlare. E chissà se sta soffrendo ancora oggi in conferenza stampa Annamaria Fiorillo, la pm del tribunale dei minori del “caso Ruby”, mentre annuncia la propria entrata in politica con il Pd. Proprio con il partito storicamente avversario dell’anticomunista Silvio Berlusconi. Sarà la numero uno nella lista della candidata sindaca Margherita Silvestrini, che tenta una sfida impossibile a Gallarate (Varese), in terra leghista, contro il sindaco uscente Andrea Cassani per il quale lo stesso Matteo Salvini si è già fatto vedere in città nei giorni scorsi.
Ma alle sfide l’ex pm è abituata, non manca di coraggio, anche se forse di originalità. Rispolvera la famosa frase di Kennedy su che cosa si può fare per il proprio Paese, per dire che lei è di Gallarate e che metterà la propria esperienza di pubblico ministero al servizio della città. Così, quando sarà (se eletta) consigliera comunale di opposizione, capirà la differenza tra il piccolo potere della politica e il grande potere della magistratura. Ottima cosa. Aveva colto la sua occasione il 10 novembre del 2010, la dottoressa Fiorillo. Non una data particolare, nel calendario della giustizia milanese. Il “caso Ruby”, la famosa notte del suo fermo in questura, la telefonata del premier Berlusconi alla questura di via Fatebenefratelli e poi il rilascio della ragazza e l’affidamento alla consigliera regionale Nicole Minetti erano cose di mesi prima, il 27 maggio. Lei, la pm del tribunale dei minori cui i funzionari di questura si erano rivolti prima di prendere la decisione, nella relazione al suo superiore aveva scritto di non ricordare se avesse o no dato quell’autorizzazione. Quindi il ministro Roberto Maroni aveva detto in aula che quella notte ogni procedura era stata rispettata.
Ma quel 10 novembre la sconosciuta pm Fiorillo trovò il suo momento. La si vide nelle immagini delle tv mentre usciva dal tribunale dei minori, il suo luogo di lavoro, procedeva di qualche passo, poi si fermava, tornava indietro e puntava le telecamere. Ce ne erano tante, anche tedesche, perché era in corso un’udienza che riguardava una signora accusata da Berlino di sottrazione di minori. Così ricostruiva quel giorno il quotidiano La Repubblica il blitz della pm minorile del “caso Ruby”. «Se volete, avrei da dirvi io qualcosa. Mi chiamo Annamaria Fiorillo, sono sostituto procuratore dei minori e quello che ha dichiarato in aula Maroni non mi va giù». Da quel momento è diventata un personaggio, uno dei tanti anti-Berlusconi. Suo malgrado, certo. Lei non aveva alcuna intenzione di svolgere un ruolo politico. A quello provvede ora che è in pensione. E si candida proprio nel Pd. Non per esempio in Forza Italia: farebbe miglior figura sulla sua passata imparzialità. Ma quel giorno, davanti a una moltitudine di telecamere, e poi in tante interviste nei giorni successivi, lei voleva solo fare chiarezza. Cioè voleva dire che la sua frase «non ricordo di aver autorizzato» la consegna di Ruby a Minetti in realtà voleva dire «ricordo di non aver autorizzato».
Peccato che non solo la sua superiore, la dottoressa Frediani, ma lo stesso procuratore capo di Milano Edmondo Bruti Liberati l’avessero intesa nel primo senso e avessero ambedue dichiarato che quella notte ogni regola era stata rispettata. Ma lei no, lei ha voluto averla vinta. Butta lì frasi come «…non sto a badare alla politica, o al governo che cade o resta» e che se Ruby era la nipote di Mubarak «…io sono Nefertiti, la regina del Nilo». Ma soprattutto racconta di aver investito del caso il Csm: «È una mia iniziativa, non l’ho concordata con il mio capo né con nessun altro… ho chiesto al Csm di chiarire le discrepanze tra la spiegazione del ministro in aula e la mia esperienza personale». Le andrà male, in prima istanza, e porterà a casa una censura dal Csm, per violazione di riserbo e anche per la violazione del divieto ai sostituti pm di fare dichiarazioni sull’attività del proprio ufficio.
Inutile sarà l’appassionata difesa del suo legale, lo storico dirigente di Magistratura Democratica e procuratore aggiunto di Roma Nello Rossi. Che avrà poi soddisfazione dalla Cassazione e da una seconda decisione del Csm, che manderà “assolta” l’impavida pm. Nella stessa giornata di quel 17 luglio 2014 Silvio Berlusconi sarà assolto in appello da tutti i reati. In particolare con la formula più ampia, «perché il fatto non sussiste» dall’accusa di aver fatto pressione sui dirigenti della questura la famosa notte del “caso Ruby”. Quella in cui la magistrata, oggi già esponente politica, Annamaria Fiorillo aveva detto di «non ricordare». Salvo precisare in seguito. E poi candidarsi con gli avversari storici di Berlusconi.
© Riproduzione riservata