L'ago della bilancia
Anno 2020, il grillino Vito Crimi e la voglia di ripristinare la schiavitù
Il capo politico dei Cinque Stelle, Vito Crimi, intervistato ieri dal Corriere della sera, alla domanda se rimpiangeva il governo con la Lega vista la sua posizione sulla regolarizzazione dei migranti, ha risposto di no. Ed effettivamente la proposta di concedere permessi stagionali di un mese solo per i lavoratori agricoli, sembra più rimpiangere non tanto il governo gialloverde, ma il periodo dello schiavismo quando gli africani venivano deportati dalla loro terra, sfruttati nelle piantagioni e tenuti in cattività. Se Crimi continua su questo crinale non ci meraviglieremo di sentirgli fare la proposta di andare a prenderli con i barconi, trasportarli nei campi e poi rimpatriarli a seconda delle necessità. Il tutto regolato da un bel decreto del presidente del Consiglio che possa normare i flussi senza passare da quell’inutile orpello che per loro è diventato il Parlamento.
I Cinque stelle (non tutti, a dire il vero…) stanno mostrando la loro anima populista e razzista, mettendosi di traverso a un provvedimento che vede gli altri a favore. Lo è il Pd, lo è Leu, lo è Italia viva che sulla regolarizzazione di circa 400 mila persone sta facendo una battaglia sacrosanta. Lo è la Chiesa di papa Francesco che spinge per la sanatoria. Ma per i pentastellati significa perdere molti dei voti presi nelle ultime elezioni e già dimezzati. Il loro è chiaramente un fastidio non tanto e solo ideologico, quanto di stretto interesse elettorale, niente a che vedere con l’emergenza e con quelle che sarebbero, secondo loro, le priorità del Paese.
Ma la proposta dei Cinque stelle è inaccettabile: in linea di principio perché significherebbe calpestare la dignità delle persone coinvolte, schiacciare i loro diritti. Significherebbe per il governo perdere totalmente la faccia, avallando una proposta che non risolve nessuno dei problemi in campo: l’emersione del lavoro nero, la messa in sicurezza di settori fortemente in crisi come quello dell’agricoltura e soprattutto il rispetto della giustizia sociale che dovrebbe essere il cuore pulsante di questo governo nato sulle ceneri di un esecutivo che aveva fatto, al contrario, della lotta ai migranti la propria crudele bandiera.
Nello scontro tra Italia viva e i Cinque stelle, la palla passa al Pd. Sono i dem che possono fare la differenza e scegliere da che parte stare, e non solo sui migranti. I segnali sono però preoccupanti e non si può non notare, con un certo disappunto, come in uno dei siti del Pd, Immagina, il capo dei manettari italiani Marco Travaglio sia stato scelto l’altro ieri dal partito di Zingaretti per parlare proprio di regolarizzazioni e giustizia. Un fatto fino a qualche tempo fa impensabile e che la dice lunga su quanto il processo di grillizzazione del Pd sia andato anche oltre le peggiori previsioni.
Dicono che la ministra Teresa Bellanova stia forzando la mano. Ma qui chi sta forzando i principi democratici sono i Cinque stelle. I dem devono decidere, in fretta, da che parte stare. Dicono che se tirano troppo il governo rischia di cadere. Ma se anche il Pd si mostra irremovibile, i Cinque stelle, che dalla fine di Conte avrebbero molto da perdere, potrebbero venire a più miti consigli su tutta la linea.
La sfida sulle regolarizzazioni è grandissima. Stiamo parlando di centinaia di migliaia di uomini e donne che lavorano nelle case italiane, che si prendono cura dei nostri anziani, che fanno quei lavori che gli italiani non vogliono più fare. Vivono nell’ombra senza diritti, in balìa della sorte. L’idea di fargli il permesso per un mese è offensiva della loro dignità e della nostra intelligenza.
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