Moglie e marito non possono svolgere entrambi il ruolo di procuratore aggiunto nella stessa Procura. Lo ha stabilito il Consiglio di Stato annullando questa settimana la nomina dell’aggiunto romano Stefano Pesci. Il Riformista, nel 2020, era stato l’unico giornale, all’indomani della nomina di Pesci, a segnalarne l’incompatibilità a causa della presenza nell’ufficio requirente della Capitale della moglie Nunzia D’Elia, anch’ella aggiunta. Pesci, all’epoca sostituto, aveva preso il posto lasciato libero da Giuseppe Cascini, nel frattempo eletto al Consiglio superiore della magistratura. Il fatto che Pesci fosse il marito di Nunzia D’Elia non era stato ritenuto un problema da parte del Csm.

Pesci, infatti, all’atto della presentazione della domanda per l’incarico semidirettivo, aveva omesso di indicare che era sposato con la collega. La sua nomina, votata anche da Piercamillo Davigo, era stata contesta dal pm Nicola Maiorano il quale, oltre ad affermare di avere maggiori titoli, aveva evidenziato proprio questa incompatibilità. Tesi accolta, come detto, dal Consiglio di Stato.
Pesci aveva provato a difendersi dicendo che comunque si sapeva che fosse sposato con la collega. Circostanza non condivisa dai giudici di Palazzo Spada, che hanno sottolineato come, dagli atti, era stato il procuratore dell’epoca, Giuseppe Pignatone, a segnalare il rapporto di coniugio e non il diretto interessato.

“Nel caso di specie, occorre dunque concludere, che l’omessa dichiarazione ha di fatto impedito un vaglio effettivo del rilievo – in astratto ed in concreto – della situazione di incompatibilità, in quanto la V Commissione ha acriticamente recepito gli esiti della precedente valutazione (eseguita quando nel 2017 Pesci svolgeva le funzioni di sostituto procuratore presso il Tribunale di Roma dove la moglie era aggiunto)”, si legge nella sentenza della settima sezione del Consiglio di Stato, presidente Roberto Giovagnoli. Per il Consiglio di Stato, poi, l’omissione di Pesci potrebbero essere causa di illeciti disciplinari e penali. Il Csm, va detto, aveva cercato di mettere una pezza che si era rivelata più grande del buco, aprendo a posteriori una pratica per incompatibilità nei confronti della moglie di Pesci, anche se ella era stata nominata aggiunto molto prima del marito.

Per togliersi d’impaccio, Nunzia D’Elia l’anno scorso aveva addirittura rinunciato all’incarico di procuratore aggiunto, chiedendo ed ottenendo il trasferimento, come sostituto, alla procura generale della Capitale. La rinuncia però, non ha sortito l’effetto sperato. A questo punto il Csm dovrà procedere alla nomina del nuovo aggiunto e, considerato il duro giudizio espresso dal Consiglio di Stato, pare alquanto difficile che possa insistere nuovamente sul nome di Pesci. Un nuovo smacco per il Csm dopo la travagliata vicenda della nomina del successore di Giuseppe Pignatone. Maiorano era difeso dagli avvocati Francesco Cardarelli e Claudia Ciccolo, Pesci invece dagli avvocati Massimo Luciani, Piermassimo Chirulli e Patrizio Ivo D’Andrea,